Appalti

Niente canone di concessione a carico del gestore senza uso esclusivo della strada

di Massimiliano Trudu

Con la sentenza n. 3146/2019, la V Sezione del Consiglio di Stato è intervenuta nuovamente sulla questione del canone di concessione non ricognitorio in capo ai gestori di acqua, energia e telecomunicazioni confermando non lo si deve nel caso in cui gli impianti non impongano un uso esclusivo di una parte della sede stradale.

L'orientamento della giurisprudenza
Il precedente intervento dei giudici di Palazzo Spada risale al novembre 2017 (sentenza n. 5071/2017 sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 4 dicembre 2017). In quell'occasione, i giudici avevano dato ragione all'ente esclusivamente perché tra i motivi di doglianza il gestore di energia ricorrente non aveva dedotto come specifico vizio di illegittimità del regolamento il fatto che esso imponesse il canone concessorio non ricognitorio pure in fattispecie caratterizzate dall'assenza di un utilizzo singolare (esclusivo) della strada da parte del concessionario tale da impedirne o limitare l'uso generale da parte della collettività. Ma al di là delle conclusioni finali, i giudici avevano confermato la loro precedente linea giurisprudenziale che nel 2016 con le sentenze nn. 1926, 2427, 2518, 3921 e 4130 aveva negato l'applicabilità del canone concessorio ai gestori.

La decisione
La linea giurisprudenziale del Consiglio di Stato dal 2016 a oggi, seppur con differenti sfumature, ha pertanto stabilito che la concessione di un uso «non singolare» della strada a un gestore di acqua, energia o telecomunicazioni non consente l'applicazione del canone. Quindi solo se il Comune dà in concessione una risorsa pubblica (strada) a un determinato soggetto, limitandone l'uso a chiunque altro, allora sta stabilendo un uso «singolare» e quindi può legittimamente richiedere il pagamento di un canone non ricognitorio.
Nel caso di passaggio di reti di qualunque genere nel sottosuolo è, invece, evidente come l'uso non si trasformi da pubblico a «singolare».
Il Consiglio di Stato nel caso in oggetto ha anche spiegato come la norma alla base dell'applicazione del canone concessorio non ricognitorio (articolo 27 del Codice della Strada) vada letta alla luce dei principi generali del codice stesso. Vale a dire che la norma va comunque inquadrata nell'ambito di un corpo normativo inteso alla sicurezza delle persone nella circolazione stradale, rispetto al quale le sue norme sono evidentemente serventi. E in tal senso, infatti, il Codice (negli articoli riferiti al rilascio delle autorizzazioni e concessioni) opera un espresso richiamo alla sola «sede stradale» e quindi alla superficie e non anche al sottosuolo e al soprasuolo. La superficie della strada è, quindi, l'unica nell'ambito della quale va tutelata la sicurezza delle persone rispetto alla circolazione stradale e in questo senso solo una limitazione o una modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico rappresenta certamente un presupposto per l'applicazione di un canone non ricognitorio.
La posa di cavi e tubature non preclude ordinariamente la generale fruizione con l'ovvia eccezione del periodo di tempo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione degli impianti impediscano la piena fruizione della «sede stradale».

La sentenza del Consiglio di Stato n. 3146/2019

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