Appalti

Razionalizzazione delle partecipate in Campania, tutto da rifare

di Michele Nico

Con la delibera n. 120/2019/COMP la Corte dei conti, della Campania, ha approvato il referto sull'attuazione del piano di razionalizzazione delle società partecipate della Regione Campania, quale frutto di una dettagliata analisi che ha preso in esame le fasi del processo di revisione societaria intrapreso dalla Regione a partire dal 2014 fino a oggi.
Il referto si è occupato dei vari interventi attuati dalla Regione con l'adozione dei piani operativi prescritti dapprima con l'articolo 1, comma 611 e seguenti, della legge 190/2014, poi dall'articolo 24 del Dlgs 175/2016 (piano di revisione straordinaria delle partecipazioni) e, da ultimo, dall'articolo 20 dello stesso decreto (piano di razionalizzazione periodica).
Di qui l'autorevolezza di un referto che ha abbracciato un'ampia istruttoria delle procedure che si sono susseguite negli ultimi anni, nella direzione indicata dal legislatore di una spending review volta a realizzare, nello specifico ambito delle partecipate, un sostanziale riassetto organizzativo mediante la riduzione degli asset societari. Questo al duplice fine di recuperare risorse per ridurre il carico fiscale e il debito pubblico, nonché di liberare il mercato dalla presenza spesso impropria dello Stato e delle Autonomie locali.
Si tratta di finalità alle quali il legislatore ha assegnato importanza prioritaria, tanto da prevedere sanzioni fino a 500 mila euro a carico degli enti soci nel caso di mancata adozione dei piani, e che pur tuttavia in molti casi non hanno ancora trovato attuazione sul territorio, né hanno messo freno alla proliferazione degli organismi partecipati dalla Pa e agli sprechi che da ciò derivano.
Questo in effetti è il caso della Regione Campania, che da quanto si legge nella delibera ha intrapreso un processo di razionalizzazione senza produrre reali efficienze, dacché il comparto regionale delle partecipate ha continuato a generare costanti perdite, specie nel polo ambientale.

Il fattore inefficienza
I giudici hanno scritto che «tra i fattori di criticità alla base del deterioramento della finanza regionale e territoriale nello scorso decennio vi è stata, senza dubbio, l'inefficienza del sistema delle partecipate, latrice di squilibri economici finanziari, destinati periodicamente, ma con enorme ritardo, a riverberarsi sul bilancio regionale».
Il referto della magistratura contabile ha sottolineato, in particolare, il modo subdolo con cui l'inefficienza degli organismi strumentali alla Pa ha finito per «contagiare» il bilancio del socio pubblico, a distanza anche talora di anni dallo squilibrio gestionale che si è verificato nella partecipata.
Questo perché «la spesa degli organismi partecipati è sottratta al controllo autorizzativo sulla spesa da parte del Consiglio e della burocrazia dell'ente dominus», con la conseguenza che «essa si palesa nella sua reale dimensione solo quando lo stato di insolvenza o inefficienza dell'organismo partecipato è tale da richiedere interventi di ripiano, con improvvise richieste di ricapitalizzazione o di copertura di disavanzi di gestione in forma di debiti fuori bilancio (…) che hanno spesso, come alternativa, l'interruzione improvvisa di servizi e funzioni essenziali».
In questo modo, ha continuato il collegio, il bilancio dell'ente territoriale «subisce gli effetti di gestioni squilibrate prima con una latente sovradimensionamento della spesa per organismi partecipati, poi con improvvisi choc finanziari».

Le indicazioni per evitare sprechi
Per la Corte «è fondamentale la creazione di un adeguato sistema dei controlli interni (…) e l'adozione di misure organizzative periodiche che verifichino le condizioni di mantenimento di singoli organismi e/o l'esigenza di misure correttive sul sistema delle partecipate, onde evitare che per il bilancio regionale la spesa per questi organismi si riveli di fatto priva di copertura e insostenibile finanziariamente».
Da questo punto di vista il collegio ha riscontrato l'insufficienza delle iniziative messe in campo dalla Regione non solo sotto il profilo delle azioni di risanamento, ma anche perché l'opzione dell'amministratore unico raccomandata dall'articolo 11 del Dlgs 175/2016 è rimasta ovunque sulla carta, vanificando i risparmi di spesa che questa forma di governance potrebbe comportare in rapporto ai costi di funzionamento delle partecipate.
Da ultimo, la Sezione ha ricordato che le partecipazioni in società possono essere mantenute soltanto se soddisfano obbiettivi di efficienza nel disimpegno dei servizi affidati, mentre in caso contrario va decisa senza indugi la dismissione, anche per evitare la persistenza di un'irregolarità che, nel corso del tempo, potrebbe causare danni erariali.

La delibera della Corte dei conti Campania n. 120/2019/Comp

Referto razionalizzazione partecipate Regione Campania

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