Appalti

No all'aumento di capitale della nuova partecipata tramite cessione delle quote di un'altra società

di Alberto Barbiero

Un Comune non può sottoscrivere l'aumento di capitale di una nuova società conferendo le azioni di un'altra partecipata. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha evidenziato nel provvedimento AS1586/2019 come questo comportamento confligga con l'articolo 10, comma 2 del Dlgs 175/2016 per la cessione delle quote o delle azioni possedute da amministrazioni in società partecipate, in quanto la norma richiede il rispetto del principio di evidenza pubblica.

Il caso
L'Agcm ha preso in esame il caso di un ente locale che ha costituito una nuova società partecipata, insieme a un altro Comune e a una società interamente partecipata da un altro ente. Il Comune ha sottoscritto un aumento di capitale della società neocostituita mediante conferimento delle proprie quote di un'altra società, da esso partecipata (trasferendo contestualmente alla nuova società il diritto di prelazione sulle quote degli altri soci).

L'orientamento
Secondo l'Autorità, il conferimento delle quote della società originariamente partecipata dal Comune a quella neocostituita, cambio delle azioni della stessa, si configura nella sostanza come una vera e propria cessione di un asset pubblico (le partecipazioni nella vecchia società) senza alcuna procedura a evidenza pubblica a un soggetto (la società neocostituita) nel quale un'impresa terza (la società partecipata al 100% da un altro ente locale) detiene una quota significativa del capitale e, soprattutto, in base ai patti parasociali approvati, esercita un'influenza decisiva sulla governance.
L'Agcm ha rilevato che la cessione diretta degli asset da parte del Comune è stata realizzata in contrasto con le previsioni del comma 2 dell'articolo 10 del Dlgs 175/2016, che, per la cessione delle partecipazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, prevede espressamente procedure che rispettino i princìpi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione.

L'assegnazione diretta
Nel provvedimento viene ad essere precisato che la stessa norma ammette l'alienazione per assegnazione diretta solo per casi eccezionali, che l'ente locale deve debitamente motivare dando analiticamente atto della convenienza economica dell'operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, mentre nel caso preso in esame c'era stata solo una sommaria verifica con altri due ipotetici contraenti, sinteticamente descritta nella delibera con cui è stata approvata l'operazione.
Peraltro l'aumento di capitale è tra le operazioni che in base all'articolo 5 dello stesso Dlgs 175/2016 richiedono la motivazione analitica della deliberazione dell'ente con cui vengono decise, sia in rapporto a partecipazioni dirette (come nel caso esaminato) sia per partecipazioni indirette.
L'intervento dell'Autorità sollecita quindi le amministrazioni pubbliche a effettuare le cessioni delle proprie partecipazioni nel pieno rispetto del principio di evidenza pubblica sancito dal testo unico, non escludendo che gli stessi possano fare ricorso alla negoziazione diretta, ma solo sulla base di una motivazione che, oltre all'eccezionalità dei presupposti, ponga in massima evidenza il vantaggio economico per l'amministrazione cedente, derivante da un risconto per la stessa più conveniente rispetto ai potenziali risultati di una procedura pubblica di alienazione.

Il provvedimento dell'Antitrust

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