Appalti

Partecipate, rischio concentrazione dei compensi in fascia bassa - La mappa di Utilitalia

di Stefano Pozzoli

La ricerca presentata da Utilitalia in un convegno dedicato alla governance nelle public utilities fornisce informazioni interessanti anche per quanto riguarda i regolamenti di attuazione del testo unico Madia sui compensi degli amministratori, dei dipendenti e dei membri dell'organo di controllo.

La ricerca prende a riferimento gli associati di Utilitalia che operano nei comparti dei servizi a rete, e quindi la parte più importante, per volumi di fatturato e addetti, del mondo delle partecipate locali. Un campione, quindi, qualitativamente molto significativo dell'universo delle aziende pubbliche e anche rilevante quantitativamente, visto che si tratta di poco meno di 400 società.

Un primo dato degno di nota è che quasi il 90% del campione è potenzialmente a controllo pubblico, ovvero è ha partecipazione pubblica o totale (66%), o comunque maggioritaria (22%). In prevalenza, per altro, si tratta di casi di controllo congiunto ovvero in cui il comando è condiviso tra più comuni.

La composizione del capitale induce ad analizzare un elemento importante, ovvero la composizione dell'organo di amministrazione. Nel 30% dei casi si registra la presenza di un amministratore unico e, comunque, anche in presenza di un consiglio di amministrazione la dimensione è normalmente di 3 membri. In sostanza, l'indicazione del Legislatore nel senso di contenere il numero dei componenti dell'organo di governo delle società è passato soprattutto nelle società più piccole. E questo nonostante la pluralità di soci.

In merito alla dimensione delle società e collegandosi al regolamento sui compensi, si deve poi prendere atto che ben poche delle società locali rientreranno nelle fasce che comportano la possibilità di riconoscere ad amministratori e dirigenti dei compensi significativi (si veda Il quotidiano degli enti locali e della Pa del 22 maggio): mediamente i dipendenti sono meno di 300 e solo un 15% del campione supera i 100 milioni di fatturato. In altre parole molto difficilmente più del 10% delle società rientrerà in fascia 1 o 2, mentre la stragrande maggioranza si troverà concentrata nella fascia più bassa.

Alla luce di questi valori viene da domandarsi le ragioni di tetti ai compensi così bassi, al punto da essere mortificanti per le professionalità richieste e per i rischi connessi: il presidente di una società "piccola", infatti, può vedersi riconosciuto al massimo 15mila euro lordi, ovvero meno della metà del suo dipendente di livello più basso.

Secondo le stime presentate da Utilitalia, per altro, i presidenti senza deleghe sono il caso nettamente più frequente ed essi non possono neppure aspirare a prendere un 30% del compenso dell'amministratore delegato che in fascia 5 comporta in ogni caso una indennità massima di 35mila euro.

Quello dei compensi a presidente, amministratori e membri dell'organo di controllo, in sostanza, è il punto che lascia più perplessi nel decreto sui compensi. Diciamoci la verità: potrebbero tranquillamente essere raddoppiati o perfino triplicati senza nessun vero aggravio per il bilancio consolidato pubblico (del quale la stragrande maggioranza delle società non fanno parte), consentendo ai sindaci di ricercare migliori competenze e di poter meglio esercitare il proprio ruolo di decisore politico. Vedremo cosa succederà, sperando però che si eviti l'escamotage di puntare a strani criteri qualitativi. Il problema sono i compensi? Si aumentino.

Sul regolamento, oggi, un secondo problema è rappresentato dai tempi. Pur immaginando che venga approvato entro l'estate, e cioè che non si crei un conflitto tra istituzioni coinvolte nel processo decisionale, è difficile pensare non si arrivi a fine anno per la pubblicazione definitiva, visto l'iter che deve affrontare.

La ricerca di Utilitalia

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