Appalti

Trasporto pubblico locale, illegittimi distacco di personale e subappalto senza contratto scritto

di Michele Nico

Con la delibera n. 754/2019, l'Anac ha concluso l'istruttoria avviata a seguito di una segnalazione pervenuta dagli uffici di Roma capitale, e dopo aver accertato l'irregolarità di un subappalto in materia di trasporto pubblico locale e di un distacco di personale tra imprese del settore, disponendo l'invio degli atti alla Procura della Repubblica per la verifica delle eventuali fattispecie di rilievo penale.
I fatti al vaglio dell'Autorità riguardavano un subappalto del servizio di trasporto pubblico da parte di una società a partecipazione pubblica locale, dapprima regolarmente autorizzato dall'ente locale per il biennio dal 13 agosto 2010 al 13 agosto 2012, e poi proseguito fino al 31 dicembre 2015 in assenza di un contratto scritto tra le parti, nonché della prescritta autorizzazione da parte della stazione appaltante.
Dopo il 31 dicembre 2015 la società partecipata, avendo registrato l'inottemperanza dell'impresa sub-affidataria agli obblighi in materia di retribuzione dei lavoratori e di versamento dei contributi previdenziali, ha interrotto il rapporto di subappalto con l'impresa, ma ha continuato ad avvalersi del personale viaggiante di quest'ultima con la formula del distacco dal gennaio 2016 al 15 marzo 2017, data in cui il personale distaccato è confluito nel proprio organico.

La decisione dell'Anac
L'Authority censura pesantemente questo modo di agire e ricorda, in particolare, che la gestione del trasporto pubblico locale deve rispettare le regole del codice dei contratti, là dove l'operatore economico sia una società in mano pubblica.
Tra le varie irregolarità riscontrate dall'Anac nella vicenda in esame, l'assenza di un contratto scritto per la disciplina del distacco di personale nel periodo indicato.
Nel provvedimento si sottolinea che, per quanto l'articolo 30 del Dlgs 276/2003 non richieda espressamente la forma scritta come requisito di validità dell'accordo, una prassi difforme non sarebbe in linea con i principi di trasparenza e pubblicità degli atti in materia di contratti pubblici, né possono bastare le dichiarazioni dei dipendenti e le comunicazioni all'Ufficio provinciale del lavoro per comprovare l'esistenza di un accordo tra le parti.
La forma scritta dell'accordo è necessaria, scrive l'Autorità, «anche in considerazione dell'esigenza, estesamente avvertita, di evitare che il distacco del personale sia utilizzato come strumento per aggirare le restrizioni normative in materia di subappalto di servizi/lavori pubblici e di intermediazione di manodopera».
Come si è detto, la mancanza di un contratto scritto è emersa anche in rapporto alla proroga del subappalto, posto che alla scadenza del periodo regolarmente autorizzato (biennio 2010-2012) non è stato stipulato alcun atto aggiuntivo tra le parti per prolungarne la durata.
La forma scritta deve quindi reputarsi un elemento costitutivo degli accordi assunti non solo dall'ente pubblico, ma anche dagli organismi strumentali che operano nel sistema amministrativo della Pa.

Le indicazioni della Cassazione
Al riguardo la Corte di cassazione civile, sezione II, con l'ordinanza n. 8244/2019, ha messo in chiaro che i contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, «la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa, permettendo d'identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell'assoggettamento al controllo dell'autorità tutoria. Tale principio esclude la possibilità di ritenere ammissibile il perfezionamento dell'accordo sulla base di una manifestazione di volontà implicita o di comportamenti concludenti o meramente attuativi». Con questa decisione i giudici hanno poi osservato che «il requisito della forma scritta è richiesto non soltanto per la conclusione del contratto, ma anche per le eventuali modificazioni successive, le quali devono rivestire, a pena di nullità, la medesima forma del contratto originario, non potendo essere introdotte in via di mero fatto mediante l'adozione di contenuti e pratiche difformi da quelle precedentemente convenute, ancorché protrattisi nel tempo e rispondenti ad un accordo tacitamente intervenuto tra le parti in epoca successiva».

La delibera Anac n. 754/2019

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