Appalti

Rifiuti, mancano impianti - Il conto cresce di 1,3 miliardi

Gli impianti per rigenerare, riciclare e smaltire i rifiuti non bastano. E senza impianti non c’è solamente l’allarmante fenomeno dei rifiuti tombati dalla malavita dei capannoni sfitti e degli incendi di spazzatura: c’è un aumento di costi da dare la vertigine. Uno studio di Ref Ricerche dice che senza impianti le imprese italiane pagano 1,3 miliardi di spese in più per smaltire gli scarti.

Una ricerca voluta da Utilitalia (le aziende di servizi pubblici locali) dice che mancano impianti per trattare, rigenerare o smaltire circa 2,1 milioni di tonnellate annue di spazzatura urbana e che circa 1,3 milioni di tonnellate sono esportate.

Secondo l’analisi di Utilitalia, il fabbisogno di impianti per l’immondizia urbana ammonta a 5,3 milioni di tonnellate l’anno.

L’Alta Italia è autosufficiente per incenerire lo scarto irriciclabile che rimane dopo le diverse selezioni di ricupero, ma è insufficiente per trasformare in compost 200mila tonnellate l’anno di scarti organici.

Drammatico il caso del Centro Italia con il “buco nero” di Roma che non vuole avere impianti di smaltimento o riciclo: al Centro mancano capacità di incenerire 900mila tonnellate l’anno di frazione non riciclabile e di trattare 1,1 milioni di tonnellate di organico. Roma spende fra i 130 e i 180 euro la tonnellata per spedire soprattutto in Friuli circa 170mila tonnellate l’anno di organico, cui aggiungere altri 40 euro la tonnellata per il trasporto.

Dice lo studio di Utilitalia che al Sud servirebbe termovalorizzare 400mila tonnellate e trattare 1,5 milioni di tonnellate di organico; per la Sicilia il debito sarebbe di 500mila tonnellate di incenerimento e 700mila tonnellate di organico.

Secondo una ricerca condotta dall’Assoambiente, in Lazio vince il “turismo dei rifiuti”, cioè Roma adotta come sistema di smaltimento riempire di rifiuti i camion e spedirli altrove, anche se molti carichi di materiali da riciclare vengono rispediti al mittente perché troppo contaminati da impurità per poter essere rigenerati.

La Sicilia ha il primato negativo della discarica (73% dei rifiuti urbani), ha un’inadeguatezza drammatica di impianti per il riciclo e il ricupero e zero inceneritori.

La Campania è sull’orlo perenne dell’emergenza e se non vi precipita è solamente perché ha l’inceneritore napoletano di Acerra gestito dalla lombarda A2A. Non a caso la chiusura temporanea dell’impianto per manutenzione, pur gestita in modo inappuntabile dalla Regione Campania, ha rappresentato per più di un mese un rischio ambientale altissimo.

Una storia particolare è quella dei Raee, sigla di rifiuti da apparecchi elettrici ed elettronici. Lampadine bruciate, frigoriferi spompati, lavatrici sventrate, giradischi muti, computer istupiditi e altri apparecchi fuori uso dovrebbero essere ricuperati e riciclati. Ma secondo Assoraee ogni anno in Italia 20mila tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici raccolti vengono sottratti al riciclo e seguono percorsi illegali, con una perdita di 14 milioni di euro.I materiali più ricercati sono i compressori (spariscono in 4 casi su 10), i cavi di alimentazione e le schede elettroniche.

Altroconsumo ed Ecodom (consorzio di riciclo dei Raee) hanno cercato di capire dove finissero gli elettrodomestici e hanno nascosto un tracker Gps in 205 apparecchi da buttare. Per 31 elettrodomestici il Gps si è misteriosamente spento. Solo 107 esemplari (pari al 61%) sono arrivati in impianti autorizzati al riciclo. Altri 67 apparecchi (il 39%) sono usciti dal percorso legale e sono finiti nelle mani di smontatori abusivi, in mercatini dell’usato o sono stati rimessi in funzione in abitazioni.

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