Appalti

Affidamenti in house, la congruità si misura sul costo del lavoro

di Alberto Barbiero

La verifica di congruità dell'affidamento in house rispetto ai valori di mercato deve focalizzare l'analisi sul costo del lavoro. Il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 8205/2019 ha preso in esame il profili operativi della procedura prevista dall'articolo 192, comma 2 del Dlgs 50/2016 e che deve essere effettuata da ogni amministrazione che intenda ricorrere al particolare modulo dell'affidamento diretto, sia per i servizi pubblici che per i servizi strumentali.

La disposizione stabilisce infatti che ai fini dell'in house per un contratto relativo a servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti sono tenute a effettuare preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta del potenziale affidatario, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

La sentenza ha esaminato un affidamento di un servizio di pulizie effettuato da un'azienda sanitaria nei confronti di una società da essa interamente partecipata, richiedendo l'intervento di un verificatore, volto a rilevare se il costo del servizio derivante dall'affidamento al mercato mediante gara sarebbe stato pari o inferiore a quello in house.

Il soggetto incaricato dal Consiglio di Stato per la verifica ha evidenziato come l'offerta del soggetto in house fosse, nel suo complesso, congrua rispetto ai parametri fissati dall'articolo 192, comma 2, del Dlgs 50/216, chiarendo inoltre che se l'azienda sanitaria avesse bandito una gara ponendo come base d'asta i prezzi di riferimento del servizio (elaborati dall'Anac) il costo del servizio sarebbe stato pari a quello ottenuto con l'affidamento in house.

Il percorso di analisi rappresentato nella sentenza evidenzia come la verifica di congruità debba prendere in esame il rispetto dei costi del lavoro rispetto alla normativa vigente, nonché gli altri costi industriali (materie prime, costi di produzione, ammortamenti, costi amministrativi).

Un elemento dirimente si rinviene nella diversa configurazione complessiva del corrispettivo per i servizi, che nell'affidamento in house viene a essere definito in termini di puro costo, senza alcun margine di utile, al contrario di quanto si verifica per le imprese operanti liberamente sul mercato, che invece nella propria offerta devono necessariamente prevedere una remuneratività della stessa, pena l'esclusione per incongruità. L'incidenza dell'utile d'impresa sulle offerte del libero mercato (che di solito è riconducibile circa al 5% dell'offerta, ma che costituendo il fattore su cui le imprese hanno più possibilità di incidere può anche essere più basso) determina pertanto una percentuale media di ribasso rispetto alla quale il costo del servizio in house è valutabile come tendenzialmente paritario o addirittura più conveniente di quello ottenibile sul mercato con una gara, soprattutto quando tale procedura inerisca appalti con elevate condizioni di rischio potenziale nell'esecuzione.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 8205/2019

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