Appalti

L'avviso di parcheggio incustodito salva il gestore dal dover risarcire il furto dell'auto

di Federico Gavioli

Il gestore non è tenuto a risarcire il proprietario dell'auto rubata nel parcheggio a pagamento di una società concessionaria del Comune se c'è l'avviso con il cartello «parcheggio incustodito»; la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 31979/2019, ha sostanzialmente escluso la responsabilità del gestore per la custodia dei veicoli parcheggiati nell'area di sosta.

Il contenzioso
Una contribuente ha citato in giudizio la società di trasporti concessionaria del Comune chiedendo che gli venisse risarcito il danno derivante dal furto della propria autovettura parcheggiata in un'area di sosta a pagamento.
La richiesta di risarcimento è stata accolta nel primo grado e respinta in appello. I giudici dell'appello si sono uniformati all'orientamento della sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 14319/2011 che aveva affermato che il gestore, concessionario del Comune, di un'area di parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta. Anche la successiva giurisprudenza aveva sposato il suddetto orientamento. Secondo la Corte d'appello le considerazioni espresse nella citata sentenza erano da condividersi e dovevano applicarsi anche alla fattispecie in oggetto. Avverso la sentenza sfavorevole la contribuente è ricorsa in Cassazione, con una seria articolata di motivazioni.

L'analisi della Cassazione
I giudici di legittimità ricordano che le sezioni unite hanno già affermato il seguente principio di diritto: «L'istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera f), del Dlgs 285/1992 (codice della strada), non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (articoli 1326, primo comma, e 1327 del codice civile), perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico articolo 1336 del codice civile (senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'articolo 1341, secondo comma, del codice civile, non potendo presumersene la vessatorietà), e l'univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta».
Ne consegue che il «gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta» (Cassazione n. 14319/2011). L'orientamento è stato ribadito in altre sentenze (Cassazione n. 11931/2013).
La Corte d'appello ha accertato sulla base delle risultanze istruttorie la presenza del cartello che avvisava l'utenza che le automobili parcheggiate non sarebbero state custodite e, come si è detto, deve ribadirsi che l'obbligo di custodia non può sorgere dalle modalità concrete di organizzazione della sosta (quali ad esempio l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, o dispositivi di controllo o la presenza di un piano interratto chiuso) con la conseguenza che deve escludersi la responsabilità del gestore per la custodia dei veicoli parcheggiati nell'area di sosta a ciò predisposta.
L'Azienda che gestisce i parcheggi ha, inoltre, proposto ricorso incidentale per violazione dell'articolo 112 del codice di procedura civile e omessa pronuncia. La Corte d'appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla richiesta di condanna della contribuente alla restituzione della somma ricevuta in esecuzione della sentenza riformata oltre interessi e rivalutazione dalla data del pagamento al saldo; per la Corte di cassazione il motivo è fondato poiché si tratta di una circostanza provata documentalmente non contestata dalla controparte.
In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

L'ordinanza della Corte di Cassazione n. 31979/2019

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