Appalti

Partecipate, razionalizzazione e costi sotto la lente della Corte dei conti

di Michele Nico

Sostanziale inefficacia del processo di razionalizzazione delle partecipate introdotto a regime dal Dlgs 175/2016. È un primo dato che emerge dall'analisi della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti che, con la delibera n. 29/2019, ha approvato la relazione 2019 sugli organismi partecipati dagli enti territoriali e dagli enti sanitari.
Nonostante ciò, i giudici contabili hanno osservato che ben 1367 società degli enti, pari al 27 per cento del totale, versano in condizioni tali da richiedere interventi di razionalizzazione da parte delle amministrazioni socie, a causa di riscontrate difformità rispetto alle regole imposte dal testo unico.

Un processo frammentato
In aggiunta a questo macroscopico rilievo, il referto include le risultanze delle verifiche svolte dalle Sezioni regionali di controllo, ed evidenzia come queste abbiano rilevato in più occasioni che la governance delle partecipate non sempre viene esercitata in modo consapevole da parte degli enti proprietari, che hanno talora declinato il loro compito spostando il potere decisionale dall'organo politico al sistema delle holding.
Le valutazioni degli enti soci sono state per lo più informate a un burocratico ossequio delle prescrizioni normative, senza lo svolgimento di vere e proprie analisi degli assetti societari nella direzione indicata dal testo unico. Per esempio, secondo la Sezione regionale di controllo per la Lombardia il percorso di razionalizzazione è stato inteso dagli enti soltanto in vista delle dismissioni societarie, mentre non sono state adeguatamente analizzate ipotesi di accorpamento e fusioni con altre società, o con altri organismi gerenti attività similari in vista della riduzione dei costi di funzionamento.
Ad analoghe conclusioni è pervenuta la Sezione regionale di controllo per l' Umbria , che ha stigmatizzato come la riduzione erronea della razionalizzazione all'alternativa di dismettere o mantenere la partecipazione in molti casi ha indotto gli enti a disattendere l'esigenza, immanente alla scelta di mantenere la partecipazione, di analizzare ed eventualmente contenere i costi delle partecipate.
Per altro verso, la Sezione regionale di controllo per l' Abruzzo ha rimarcato come la misura di razionalizzazione è stata indirizzata dagli enti a una compressione della spesa piuttosto che a un ridimensionamento strutturale dei costi delle partecipate, frustrando per tale aspetto le finalità della ricognizione societaria imposta dal legislatore.

Le partecipazioni totalitarie
Sul fronte economico, la relazione 2019 evidenzia che i debiti delle società partecipate ammontano nel complesso a 91,9 miliardi di euro, di cui quasi il 40 per cento è da attribuirsi alle partecipazioni totalitarie. Proprio nelle società interamente pubbliche si registra una preminenza dei crediti verso soci sul totale, sintomo questo della spiccata dipendenza di tali partecipazioni dagli enti controllanti, pur in presenza di un rilevante indebitamento verso terzi. Tale dipendenza è confermata anche da talune situazioni di eccedenza delle erogazioni (tra cui quelle per contratti di servizio) rispetto ai valori della produzione delle società.
Un dato interessante riguarda i valori medi di incidenza del costo del personale sul costo della produzione, che risultano più elevati negli organismi a totale partecipazione pubblica (21,20 per cento), là dove il dato complessivo medio evidenzia una percentuale limitata al 18,75 per cento.
Si tratta di risultati che assumono una particolare valenza in talune Regioni come la Calabria, la Sicilia e il Lazio , dove l'incidenza del costo del personale nelle partecipazioni pubbliche totalitarie supera il 50% del costo della produzione.
Secondo i giudici, questo fenomeno è sintomatico della scarsa efficacia delle politiche di contenimento del costo del lavoro e dei vincoli assunzionali nei confronti delle società partecipate dalla Pa.
Nel quadro descritto gioca poi un ruolo di fondamentale rilievo la predominanza degli affidamenti diretti, che incidono sul totale nella misura del 93 per cento. Per dare un'idea di questa percentuale, basti dire che su un totale di 14.626 affidamenti le gare per affidare i servizi sul mercato sono state soltanto 878, mentre gli affidamenti a società mista, con gara a doppio oggetto, sono stati 178.
In tema di in house providing, il referto sottolinea l'esigenza di monitorare la sussistenza dei requisiti del «controllo analogo» ai fini della legittimità degli affidamenti, specie con riguardo al «controllo analogo congiunto» nelle ipotesi di partecipazione plurima.
In conclusione, il referto punta ancora una volta il dito sulle criticità strutturali che hanno caratterizzato la nascita e la proliferazione delle società in mano pubblica a partire dal 2000, e mostra con dati alla mano che, a distanza di due decenni dall'avvento del fenomeno societario, permangono radicati i fattori negativi che penalizzano lo sviluppo e la crescita dell'intero settore.

La relazione dei giudici

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