Appalti

Rifiuti in viaggio su 200mila tir dalle regioni senza impianti

Lazio: 162 camion al giorno, 383 euro l’anno. Campania: 142 camion al dì, 447 euro. Sicilia: 78 camion di spazzatura, 382 euro l’anno. Queste cifre non sono numeri estratti a caso dalla ruota del lotto; il numero dei veicoli necessari a esportare l’immondizia e il costo della tassa rifiuti per le famiglie misurano gli effetti del “no” contro gli impianti per riciclare i residui rigenerabili e per smaltire i rifiuti. Sono il metro della sconfitta ambientale imposta dai politici e dai comitati nimby contro la costruzione di impianti ambientali. I conti sono stati fatti dal centro studi Ref che in questi giorni ha raccolto i dati nel dossier «I rifiuti in movimento» e nell’analisi «La responsabilità delle scelte: i fabbisogni impiantistici e il ruolo delle Regioni», coordinati da Donato Berardi e Nicolò Valle.

A conclusioni simili sono arrivati gli studi dai risultati allarmanti condotti nei mesi scorsi dal Cesisp dell’Università Milano Bicocca, dall’Assoambiente e da altre organizzazioni, ma il tema in questi giorni si è fatto ancora più rovente. Roma (che ora apre all’ipotesi discarica) resta sull’orlo della crisi rinviata ma mai risolta, con le vie intasate da immondizia di cui non riesce a liberarsi. La Sicilia ammette che forse potrebbe fare ricorso a inceneritori. Un gruppo di aziende della selezione dei materiali lancia l’allarme riciclo, in procinto di fermarsi in tutta Italia.

Sul fronte delle tecnologie si schiudono ipotesi di nuove soluzioni. Intanto la società milanese di ingegneria Saipem sta studiando la tecnologia innovativa Itea per smaltire e riciclare la plastica tramite ossicombustione senza fiamma e la Hera Ambiente sperimenta con la Coprob e con i coltivatori di barbabietola della Bassa bolognese la concimazione dei terreni tramite fertilizzanti ricavati dai rifiuti organici.

La colonna di Tir

Sono più di 200mila i camion fra Tir e “compattatori” necessari ogni anno a trasportare i rifiuti prodotti dalle regioni che non hanno abbastanza impianti per smaltirli e perciò li destinano alle discariche o ai termovalorizzatori situati in altre regioni o all'estero. Gli economisti del Ref hanno provato ad allineare questi veicoli in una fila immaginaria e hanno concluso che i camion formerebbero una colonna lunga 3.300 chilometri, quasi la distanza tra Reggio Calabria e Mosca.

«È una carovana di oltre 550 veicoli al giorno che bruciano gasolio a manetta (emissioni di CO2 e polveri sottili), costano ai cittadini (aumenta la tassa sui rifiuti) e alle imprese (maggiori costi di smaltimento)», dice il Ref.

I peggiori della lista

Un conto salato, di cui sono responsabili gli amministratori delle regioni che non solo non hanno saputo assicurare l'autosufficienza impiantistica prevista per legge, ma nemmeno hanno predisposto una strategia per dotare i loro territori degli impianti necessari alla chiusura del ciclo dei rifiuti.

La graduatoria delle peggiori regioni, basata sul numero di camion carichi di rifiuti messi in strada ogni giorno, vede sul podio dei peggiori Lazio, Campania e Sicilia.

«Nel complesso — spiegano gli economisti del Ref — dalla mappatura regionale dei fabbisogni impiantistici di smaltimento e avvio a recupero energetico emerge che, a livello nazionale, la gestione dei rifiuti nelle 14 regioni in deficit totalizza un passivo di circa 4,9 milioni di tonnellate, esportate all'estero o in altre regioni per essere smaltite o incenerite».

I costi che paghiamo

I costi diretti e indiretti gravano sulle spalle dei cittadini e delle imprese. Gli economisti del Ref hanno delineato il ritratto della famiglia media (tre persone) e ne hanno calcolato la spesa per la tassa rifiuti. Al primo posto nella graduatoria di spesa espressa in euro l’anno del servizio rifiuti troviamo la Campania, con 447 euro e un’incidenza del costo del servizio sul reddito pro capite regionale del 2,5%, ben distante dallo 0,6% della Lombardia e dallo 0,7% del Veneto.

«È interessante notare come le stesse tre regioni sul podio della classifica delle regioni per il maggior deficit impiantistico, espresso in termini di Tir al giorno, siano anche le prime tre nella graduatoria del costo del servizio: un'evidenza di come siano i cittadini, per primi, a pagare le carenze impiantistiche sulla chiusura del ciclo dei rifiuti», conclude il Ref.

Allarme riciclo

Un gruppo di aziende del settore riciclo lancia l’allarme: mancano impianti di rigenerazione, i piazzali e i capannoni sono pieni di materiali che non trovano destinazione. Il rischio è altissimo, anche perché plastica, carta e altri materiali restano esposti anche a vandalismi e vendette della malavita, come insegnano le cronache di questi mesi.

«Siamo in piena emergenza e a breve saremo costretti a rifiutare nuovi conferimenti di rifiuti da avviare a riciclo», avvertono le imprese insieme con un’associazione di settore, la Fise Unicirular. In un incontro pubblico, le imprese del riciclo hanno discusso con aziende del calibro dell’Ama, l’azienda romana che gestisce la nettezza urbana, e della bolognese Hera Ambiente alla ricerca di sciogliere i motivi della paralisi del riciclo. La terapia è articolata, ma subito un “medicinale” urgente potrebbe essere concedere alle aziende di accettare materiali oltre il massimo autorizzato.

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