Appalti

Illegittimo l'affidamento inhouse di un servizio senza congruità

di Alberto Barbiero

Gli affidamenti in house di servizi, nei quali non vi sia convenienza economica rispetto alle condizioni offerte dal mercato, sono illegittimi e possono essere revocati per garantire il principio di economicità, mediante l'affidamento con appalto ad altro soggetto.
Il Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 681/2020, ha chiarito gli effetti della rilevazione della non congruità dell'affidamento diretto a una società sottoposta a controllo analogo di attività offerte a prezzi più vantaggiosi da operatori economici presenti nello stesso settore di mercato.

Il caso
Il caso preso in esame riguardava il ricorso presentato da una società affidataria in house di servizi informatici per conto di una Regione, che si era vista revocare l'affidamento di un servizio di manutenzione della gestione informatizzata delle deliberazioni e degli atti amministrativi, a fronte di una procedura di acquisto effettuata sul Mepa dall'amministrazione, nell'ambito della quale il valore dell'operatore economico nuovo affidatario era risultato più competitivo.

La decisione
I giudici amministrativi hanno precisato che l'affidamento in house di servizi non è concretizzabile quando non ci sia convenienza economica rispetto alla sua esternalizzazione poiché il particolare modulo previsto dalle direttive Ue e codificato nell'articolo 5 del Dlgs 50/2016 riveste, infatti, carattere eccezionale rispetto all'ordinaria modalità di scelta del contraente ed è possibile solo qualora sussista per l'amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato.
Nella sentenza si evidenzia come in questo senso anche l'articolo 192, comma 2, dello stesso codice dei contratti pubblici disponga che ai fini dell'affidamento in house di un contratto per servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando atto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.
Nel caso in esame, la scelta dell'amministrazione si era fondata sul principio di economicità, dato che l'offerta dell'operatore economico consultato sul Mepa (assorbita in un più ampio quadro di servizi) risultava, in relazione alla specifica attività, ben più conveniente di quella della società in house (che richiedeva invece uno specifico canone annuale).
La sentenza ha una rilevante implicazione operativa, poiché evidenzia come il percorso di analisi richiesto dall'articolo 192 del Dlgs 50/2016 risulti applicabile non solo a «macro assetti», ma anche a singole attività, per importi contenuti, senza che si determini una condizione di esclusiva per l'affidatario in house su quelle prestazioni, anche quando gestore di un complesso di servizi affini.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 681/2020

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