Appalti

Partecipate, alle aggregazioni serve un percorso semplificato

di Stefano Pozzoli

Il testo unico sulle partecipate (Dlgs 175/2016) rischia di essere di ostacolo e non di stimolo ai processi di aggregazione. La ragione sta nel fatto che non regola direttamente le operazioni straordinarie o complesse ma solo quelle definibili come "elementari", ovvero la costituzione, l'acquisto e la cessione di partecipazioni.

Un'ulteriore complicazione sta nel fatto che le finalità di questi articoli sono molto diverse. Si vuole da una parte rendere difficile acquistare e costituire, chiedendo quindi una istruttoria motivata e l'invio della delibera alla sezione di controllo della Corte dei conti e alla Agcm e, dall'altra, agevolare la vendita delle partecipazioni, non solo grazie all'articolo 10, di cui parleremo più in dettaglio, ma anche con il "recesso" previsto nel corso della revisione straordinaria delle partecipazioni e con la conferma dell'articolo 1, comma 568-bis, lettera b) della legge 147/2013, disposto dall'articolo sulla revisione ordinaria.

La diversità di approccio seguita nel testo unico per queste due categorie di operazioni complica le cose nelle operazioni straordinarie che sono, banalizzando, la combinazione di acquisto e vendita. Meglio sarebbe, nello spirito di favorire l'obiettivo strategico della riduzione delle società pubbliche, prevedere una disciplina ad hoc per le aggregazioni, magari analoga a quello della vendita delle quote, senza imporre la «corsa ad ostacoli» immaginata per le acquisizioni e costituzioni.

Andiamo però su un tema che pone l'articolo 10, comma 2 quando prevede una utilissima deroga, ovvero quella di consentire la trattativa privata nel caso di cessione di partecipazione. È chiaro infatti che assai spesso è più proficua una trattativa diretta, e ciò tanto più quando si tratta di realizzare una qualche forma di «matrimonio» tra società, giacché in questa ipotesi il tema del prezzo o del concambio non è certo l'unico elemento che rileva. Questa deroga è ammessa dal legislatore solo «in casi eccezionali», quali sono appunto le aggregazioni, a condizione però di avere una solida motivazione (deliberazione motivata) che induca a rinunciare alla verifica competitiva e che dimostri comunque la «convenienza economica dell'operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita».

Fermo che è dunque possibile, a queste condizioni, procedere alla trattativa diretta (Corte dei conti, sezione di controllo per la Lombardia, delibera n. 8 /2019), è utile soffermarsi sugli eventuali effetti che le modalità di cessione della partecipazione hanno su affidamenti e concessioni: la risposta è che non ve ne sono e che la modalità di scelta dell'acquirente non comporta, quale che sia, la decadenza degli affidamenti. Del resto è ovvio che sia così, altrimenti la deroga sarebbe di fatto inapplicabile.

Si ricorderà che l'articolo 113, comma 12 del Tuel, come modificato dall'articolo 14, comma 1, lettera f), del Dl 269/2003, precisava che «l'ente locale può cedere in tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento». In sostanza il Tuel, prima del Tusp, optava per la continuità della concessione solo a condizione che venisse esperita una procedura competitiva. Il Tusp, però, non solo ha introdotto la deroga di cui si è parlato ma, con l'articolo 28, comma 1, lettera b) ha anche abrogato l'inciso relativo alla necessità della evidenza pubblica. In sostanza, coerentemente con la scelta di introdurre la deroga, il legislatore della Madia ha dunque provveduto a togliere la limitazione prima prevista all'articolo 113 del Tuel. Una scelta senza dubbio opportuna. Resta la necessità di semplificare l'iter deliberativo per le aggregazioni.

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