Appalti

Affidamento in house mediante società holding, serve la verifica di congruità

di Alberto Barbiero

Gli enti locali possono effettuare un affidamento in house a una società esercitando il controllo sulla stessa mediante una holding ma dovendo sottoporre a verifica di congruità la soluzione. Il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 1564/2020, ha chiarito le condizioni per la possibile applicazione dell'inhouse «a cascata» e gli aspetti applicativi dell'articolo 192 del Dlgs 50/2016.

I giudici amministrativi hanno preso in esame il ricorso relativo a un affidamento del servizio di gestione della farmacia comunale da parte di un Comune a una società non direttamente partecipata dall'ente locale ma da una holding della quale l'amministrazione detiene una quota.

Nella sentenza si evidenzia come l'affidamento in house della gestione della farmacia comunale sia avvenuta risultando sussistente il requisito del controllo analogo esercitato dal Comune rispettivamente sulla società holding e sulla società affidataria.

Il Consiglio di Stato, inoltre, ha chiarito che, sulla base dell'articolo 4 del Dlgs 175/2016, non si determina alcun divieto per un Comune di partecipare a una holding.

Dal comma 5 dello stesso articolo 4 del Tusp, infatti, si ricava anzi che le holding, purchè abbiamo come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali, possono acquisire (e mantenere) partecipazioni in altre società, determinando quindi le condizioni per l'in house a cascata.

L'affidamento, tuttavia, deve essere disposto dopo l'effettuazione della verifica di congruità prevista dall'articolo 192, comma 2 del Dlgs 50/2016: la disposizione, seppure rimessa alla Corte di Giustizia Ue per una valutazione sulla sua compatibilità con l'ordinamento euro-unitario, continua a essere pienamente applicabile.

Il Consiglio di Stato ha evidenziato come l'articolo 192, comma 2 del codice dei contratti pubblici imponga che l'affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non è richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni).

La prima condizione consiste nell'obbligo di illustrare le ragioni che hanno comportato l'esclusione del ricorso al mercato. L'analisi è determinata dalle particolari caratteristiche dell'affidamento in house, che appare poter essere legittimamente disposto soltanto in caso di, sostanzialmente, dimostrato fallimento del mercato rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche", cui la società in house invece supplirebbe.

La seconda condizione consiste nell'obbligo di indicare gli specifici benefìci per la collettività connessi all'opzione per l'affidamento in house (dimostrazione che non è invece necessario fornire in caso di altre forme di affidamento, con particolare riguardo all'affidamento tramite gara). Secondo il Consiglio di Stato, anche su questo aspetto la previsione dell'ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese.

La sentenza configura anche il percorso che deve essere posto in essere dalle amministrazioni per poter verificare la congruità della soluzione in house. Gli enti devono infatti sviluppare un'istruttoria accurata, realizzando un'indagine di mercato al fine di verificare quali soluzioni gestionali sarebbero state in concreto possibili, ma ha anche valutando la proposta della società potenziale affidataria diretta, comparandola con un benchmark di riferimento, risultante dalle condizioni praticate da altre società in house operanti nel territorio limitrofo.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1564/2020

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