Imprese

Tempa Rossa, intesa entro un mese per il giacimento petrolifero

Un’intesa nell’arco dei prossimi 20-30 giorni per superare lo stallo nel quale da anni si trovano le opere funzionali al giacimento petrolifero di Tempa Rossa, in Basilicata, da realizzarsi nella raffineria Eni di Taranto. È il segnale che ha lanciato il Comune di Taranto nel vertice di ieri mattina a Palazzo Chigi che ha riunito Regione Puglia, Eni e ministeri dello Sviluppo economico e dei Beni culturali e probabilmente posto le premesse per una schiarita sulla base di un pacchetto di compensazioni. Il Comune, consapevole che il progetto deve realizzarsi, cerca di ottenere il miglior risultato possibile.

La vicenda
La vicenda ha avuto negli ultimi tempi un’accelerazione. Palazzo Chigi ha infatti avocato il dossier Tempa Rossa dopo la mancata intesa con la Regione, che ha detto no al progetto nella parte tarantina a seguito del voto contrario del Consiglio regionale, per il quale si aggrava l’impatto ambientale in una città già segnata dalla presenza dell’Ilva. E Total, che gestisce il giacimento in Basilicata insieme a Shell e Mitsui, ha chiesto l’autorizzazione per trasportare il greggio estratto non più nella raffineria di Taranto attraverso l’oleodotto Val d’Agri ma, attraverso decine di autocisterne al giorno, negli impianti di Roma e Falconara Marittima. Questo perché a Taranto sinora è stato bloccato sia l’allungamento del pontile petroli dell’Eni, che la costruzione di due serbatoi di deposito, malgrado per tali opere ci sia il decreto di Via-Aia dall’ottobre 2011 ed Eni e Total hanno escluso un aggravio delle emissioni volatili. L’investimento è pari a 300 milioni, due anni di lavori, 300 occupati di cantiere e una cinquantina di imprese coinvolte.

La proposta del Comune
La proposta del Comune, presente col vice sindaco e assessore all’Ambiente, Rocco De Franchi, tende a coinvolgere anche Total, ieri assente, oltreché l’Eni. Perché il greggio che arriverà a Taranto per essere stoccato e successivamente movimentato via nave, e non lavorato come invece avviene per quello della Val D’Agri, appartiene a Total di cui Eni è nell’occasione il braccio logistico.

Tra le richieste dell’ente locale tarantino, c’è un progetto «meno impattante – dice De Franchi –. In particolare, se bisogna allungare il pontile petroli, chiediamo che il campo boe Eni nel Mar Grande di Taranto sia eliminato o veda il rafforzamento dei dispositivi di sicurezza ambientale. In linea poi con Arpa Puglia, chiediamo a Eni un impegno concreto nella riduzione delle emissioni odorigene che in particolari condizioni, anche climatiche, dalla raffineria si diffondono sulla città. Inoltre – rileva De Franchi – chiediamo che Eni e Total sostengano l’orientamento dell’amministrazione di privilegiare, in una logica di sostenibilità ambientale, il trasporto green partendo da quello pubblico». L’idea è di installare una nuova pompa di approvvigionamento per il metano nell’ambito di un impianto Eni già esistente nel rione Tamburi. Metano a prezzo calmierato vorrebbe il Comune, ma anche un impegno dei due soggetti industriali circa l’acquisto di nuovi mezzi pubblici attrezzati allo scopo.

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