Imprese

Rischio disimpegno fondi, è tempo di immaginare «progetti anticipativi»

di Giancarlo Terenzi

I due programmi operativi in capo all'Act sono un esempio di come l’eccessiva frammentazione renda poi problematica l'attuazione (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 24 settembre e del 25 settembre 2018).
Certamente la scelta del programma operativo nazionale Metro plurifondo, alla sua prima esperienza, di delegare la sua realizzazione a 14 organismi intermedi, uno per ogni città, non è stata forse la migliore per la complessità organizzativa e gestionale che comporta. Da qui la necessità condivisa anche da altri programmi nazionali, come il Pon Legalità (7% di spesa Fesr e 0% di spesa Fse), e regionali di chiedere alla Commisione Ue di alzare il tasso di cofinanziamento comunitario abbassando quello nazionale in modo da certificare risorse complessive inferiori a quelle programmate per la prima scadenza dell'N+3 (31 dicembre 2018).
E anche il Pon Governance e capacità istituzionale ha le stesse difficoltà attuative perché diventato ormai un servant program della Pa. Un altro esempio è quello del Pon Impresa e competitività, iniziativa Piccola e media impresa: per la banda larga erano previsti 233 mln per le 8 Regioni del Mezzogiorno, ma che per il rischio disimpegno riduce i fondi a soli 56 mln con 177 (76%) riprogrammati sulle Pmi del settore manifatturiero.
Eppure il coordinamento del piano nazionale è affidato a Infratel, società in house del ministero dello Sviluppo economico. Ora si auspica che le risorse allocate sui altri programmi nazionali e regionali abbiano un esito diverso.

I quattro Por con contributo aggiutivo
I 4 programmi operativi regionali (Por) di Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria, che hanno ricevuto un contributo aggiuntivo del Fondo europeo di sviluppo e coesione (Fesr) per le aree terremotate, anche se la regione Lazio ha preferito spalmarlo nelle aree a maggiore rischio sismico, non hanno forse saputo o voluto cogliere la grande opportunità che si è presentata. Considerato che le regole dei fondi strutturali europei danno più garanzie sul rispetto dei tempi previsti per realizzare gli interventi ed erogare gli aiuti previsti probabilmente sarebbe stato più opportuno ancorare più risorse alle logiche comunitarie applicando un tasso di cofinanziamento più basso, magari del 25%, aumentando così anche la platea degli interventi cofinanziabili con le regole europee certamente più stringenti rispetto a quelle nazionali, e riservare per alcuni progetti particolari la possibilità offerta dal Fesr di cofinanziare fino al 95% l'intervento previsto.
Un modo per dare un'accelerata alla ricostruzione anche se i risultati estrapolati da open data dei Fondi strutturali e di investimento europei-Sie al 5 settembre 2018, dg politica regionale e urbana (Regio) della Ce, non sono entusiasmanti per le 4 regioni: Marche 4%, Lazio 3%, Umbria 1% e Abruzzo prossimo a 0%. Per contribuire a realizzare un’inversione di tendenza potrebbe essere opportuno migliorare anche l'accessibilità, semplificando i siti regionali per dare una informazione più puntuale prevedendo, per esempio, sulla home page un rimando automatico alle azioni attivate o di prossima attivazione dei Por dedicate, specificatamente, al terremoto.

Fondo per la progettualità nazionale e regionale
Considerato il deficit di capacità amministrativa nel redigere e portare avanti i progetti, problema strutturale che ci trasciniamo dalla nascita dei fondi europei, associato alla mancanza di un parco progetti adeguato, sarebbe ora di attivare un fondo per la progettualità delle infrastrutture nazionali e regionali che possa essere utilizzato a pieno nella prossima programmazione 2021-2027 e forse usare per la prima volta il termine «progetti anticipativi».
Per quanto riguarda l'atavico problema delle risorse, una parte potrebbero essere recuperate attraverso un'attenta ricognizione sulla moltitudine di programmi non cofinanziati in carico alle diverse amministrazioni centrali e locali residuali del 2007-2013 (Programmi pac nazionali e regionali, di attuazione nazionale e regionale, attuativi speciali, Pra e Pna, piani stralcio e straordinari, programmi obiettivi di servizio, accordi di programma quadro) sulle così dette risorse liberate non ancora allocate e sul 2014-20 (Piani operativi, piani stralcio e altre assegnazioni Cipe, programmi operativi complementari nazionali e regionali, programmi Fsc, completamenti programmazione fondi strutturali 2007-13, fondo per lo sviluppo e la coesione-riprogrammazione risorse regionali residue 2007-2013 Mezzogiorno).

Come si salva la programmazione 2014-2020
La batteria di misure messe in campo per raddrizzare la programmazione 2014-2020 utilizza tutte quelle sperimentate in un trentennio di programmazione comunitaria certificando come i ritardi siano superiori al punto di crisi del ciclo 2007-2013.
Non solo quindi le classiche misure di riprogrammazione, utilizzo di progetti già realizzati con altri fondi (i progetti sponda) e interventi specifici legati a singoli progetti, ma anche l'innalzamento del tasso di cofinanziamento e finanche la richiesta di proroga. Ma almeno questa volta i nuovi programmi complementari (Poc) costituiti dalle risorse nazionali liberate a seguito dell'innalzamento del cofinanziamento comunitario siano ancorati alle regole europee, come anche auspicato dalla Corte dei conti, per avere la certezza di utilizzo in tempi certi e non assistere ai ritardi, addirittura in termini di impegni, che hanno caratterizzato e caratterizzano ancora i programmi del Piano di azione e coesione (Pac) della riprogrammazione del 2011.
Infine, un'ultima considerazione. Sembra ormai chiaro che il boccino è nelle mani del dipartimento per le Politiche di coesione della presidenza del consiglio. Perché non approfittare del riordino in atto per fare chiarezza su quale sia l’autorità nazionale di riferimento per la Commissione e gli altri Stati membri in relazione ai 19 programmi della Cooperazione territoriale a partecipazione italiana?
Questo ruolo, attualmente condiviso tra dipartimento e Agenzia per la coesione, dimostra come il nostro Paese non decida mai.

OpenCoesione in deficit di informazioni

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