Imprese

Politiche di coesione, Italia sempre in affanno ma il cambio continuo delle regole Ue non aiuta

di Giancarlo Terenzi

Della corposa relazione annuale su "I rapporti finanziari con l'Unione europea e l'utilizzazione dei Fondi europei", che copre l'intero ventaglio dei rapporti finanziari tra Italia e Ue, il presidente della sezione Affari comunitari e internazionali della Corte dei conti ha approfondito al Senato, nella consueta audizione, solo i temi legati all'attuazione della politica di coesione, cofinanziata dall'Italia secondo i principi dell'addizionalità e del partenariato, con un focus rivolto alla prossima programmazione e alla regolamentazione nazionale.
La magistratura contabile, prima di illustrare i singoli temi, ha voluto ricordare che la politica di coesione è la più «lungimirante» tra le quelle europee perché si propone di aiutare a correggere gli squilibri di sviluppo tra le regioni, nel quadro europeo più generale e all'interno di un singolo Paese (obiettivo convergenza), e di far crescere il capitale umano e la produttività (obiettivo competizione).

I punti salienti
Dalla lettura del documento cogliamo alcuni aspetti tra i tantissimi emersi. A livello nazionale, per quanto riguarda la programmazione 2007-2013, emerge che le minori risorse nazionali effettivamente immesse a sistema, rispetto a quelle originarie, si avvicinano ai 15 miliardi, sono solo in parte compensate dalle maggiori risorse che hanno finanziato l'overbooking, che, comunque, si sono distribuite in maniera diversa dalla destinazione territoriale originaria.
Anche per l'attuale 2014-2020, si sottolinea come in generale permane la differenza, in termini di effettiva capacità di spesa, tra regioni più sviluppate e meno, con la conseguenza che decenni di politiche di coesione non sembrano avere sortito, in Italia, gli effetti per le quali sono state ideate: ridurre il divario tra aree più sviluppate e meno. Se ciò è senz'altro avvenuto in alcune aree e ambiti, nella maggior parte dei casi tale divario si è addirittura ampliato.
Infine, la continua emergenza, che si verifica ogni anno per non incorrere nel rischio nel disimpegno automatico dei fondi, può compromettere la possibilità, prevista dalla programmazione 2021-2027, di vedersi assegnato un ammontare di risorse finanziarie di importanza paragonabile a quello attuale, se non addirittura superiore. Da ciò la Corte richiama l'esigenza, evidenziata da diversi anni, di un possibile ripensamento complessivo della modalità fortemente regionalizzata di gestione dei fondi europei in Italia, che pare accentuare quelle differenze che le politiche di coesione europee hanno l'obiettivo di ridurre. Una considerazione in controtendenza con la richiesta di regioni, città e piccoli Comuni.
Per quanto riguarda il livello europeo la programmazione finanziaria continua a modificare le regole a ogni ciclo e, nel caso del 2007-2013 e 2014-2020, la tardiva adozione del quadro normativo, avvenuta nel primo caso sei mesi prima e nel secondo caso due settimane prima dell'inizio del periodo, ha comportato la tardiva approvazione dei Programmi operativi con conseguente sovrapposizione dei due cicli. Certamente Bruxelles vuole semplificare ma, invece, sarebbe stato meglio avere una regolamentazione costante per un periodo di tempo significativo e realizzare una programmazione che su tali regole si fondi e possa migliorare, in una seconda tornata, sulla base delle esperienze e dei punti di forza e debolezza evidenziati nella prima.

La riflessione finale
L'ultima riflessione della Corte sulla possibilità offerta da Crii plus di convogliare tutte le risorse non utilizzate dei Sie per l'emergenza sanitaria ed occupazionale per Covid-19.
La Cdc ricorda che, come per le risorse liberate provenienti da Bruxelles a rimborso dei fondi europei spesi, che devono restare nei contesti geoeconomici previsti e per finalità di sviluppo, è opportuno tener conto che anche l'utilizzazione delle risorse Sie per altre finalità, seppur per un'emergenza assolutamente straordinaria, pone il problema di un ripristino in un periodo ragionevole del corretto orientamento dell'utilizzazione delle risorse europee ancora di più se spesa sanitaria. Anche per l'occupazione va distinta tra politiche attive e passive, queste ultime non vi rientrerebbero.

La relazione

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