Imprese

Dl Anticrisi - Riprogrammazione complicata per i fondi europei

di Giancarlo Terenzi

Sei articoli del decreto Rilancio riguardano l'utilizzo del Fsc e il contributo dei fondi europei per contrastare l'emergenza Covid-19, l'incremento del fondo per sostenere le attività economiche delle aree interne a seguito della pandemia, il credito d'imposta per investimenti in R&S nelle aree meridionali, il sostegno al fabbisogno di circolante dei beneficiari di "Resto al Sud" a seguito dell'emergenza sanitaria e al terzo settore nelle regioni del Mezzogiorno.

Il fatto
Cardine di tutta la parte dedicata alla coesione territoriale è certamente la possibilità offerta dalla Commissione europea a tutti i Paesi membri di riprogrammare i fondi Sie e quindi anche dei programmi operativi Fesr e Fse resa possibile prima dalle misure contenute in Crii (30 marzo) e poi in Crii plus (23 aprile) che introduce un'eccezionale flessibilità sull'uso dei fondi Sie e semplificazioni procedurali.
In tale contesto si inserisce la riprogrammazione dei Po per liberare spazio e risorse al fine di rendicontare e certificare spese per l'emergenza Covid-19 anche innalzando il tasso di cofinanziamento Ue al 100% per le spese rendicontate 1° luglio 2020-30 giugno 21. Il percorso italiano di riprogrammazione viene definito negli articoli 241 e 242 del decreto con riferimento, rispettivamente, al Fsc che si apre all'emergenza pandemia e ai fondi europei. In particolare, per ogni Regione o Provincia autonoma si prevede che una aliquota della dotazione finanziaria dei 2 programmi Fesr e Fse, compresa tra 15 e 20% (nell'aliquota massima circa 7 miliardi, di cui più di 4 europei), sia riprogrammata all'interno dei 2 Po e utilizzata, di concerto con la Regione o Provincia autonoma, per interventi suddivisi tra nazionali già attuati o previsti nel territorio regionale e regionali veri e propri.
Ovviamente devono rispettare almeno una delle 5 priorità (emergenza sanitaria, istruzione e formazione, attività economiche, lavoro, sociale) e gli obiettivi tematici (OT) previsti a sostegno della crescita per il periodo 2014-2020. Si affiancherà anche un proporzionale contributo dei Po nazionali.

L'uso del Fsc
La copertura degli impegni già assunti ma non ancora certificati, relativi a interventi poi sostituiti da quelli per spese emergenziali, sarà assicurata dalla riprogrammazione del Fsc assegnato alle singole amministrazioni che non soddisfano i requisiti previsti dall'articolo 44, comma 7) del Dl n. 34/2019 convertito con modifiche nella legge n. 58/2019 o, se mancanti o insufficienti, assegnando, attraverso delibere Cipe, le risorse necessarie a valere e nei limiti delle disponibilità del Fsc, rispettando gli attuali vincoli di destinazione territoriale.
Due i problemi emersi, il primo relativo alle disponibilità del Fsc e il secondo alle risorse liberate rinvenienti da Bruxelles. Nelle Regioni del Mezzogiorno le risorse dell'articolo 44, comma 7) del Dl n. 34/2019 disponibili sono sempre sufficienti a coprire il fabbisogno comprese le 2 Regioni dove sono inferiori, ma comunque ce n'è in abbondanza di non ancora monitorate. Diversa è la situazione per le Regioni del Centro-Nord dove le risorse Fsc articolo 44, comma 7 e quelle non monitorate sono sempre insufficienti. Si dovrebbe, pertanto, andare a reperirle, in primo luogo, sulle risorse ancora disponibili sul Fsc 2014-2020 ma non è detto che siano sufficienti. Altrimenti attingendo, almeno momentaneamente, ai piani strategici nazionali, alle importanti risorse del Fsc articolo 44 monitorate e non, ai patti per lo sviluppo, evitando accuratamente di sbattere contro gli scogli del vincolo territoriale, di destinazione (80/20), dell'addizionalità (34%), del rispetto delle attuali poste finanziarie dei Poc.
Evitati gli scogli, si rischia di fermarci tra le secche della concertazione, dai tempi e dai risultati incerti, per approdare finalmente a un conclusivo passaggio al Cipe.
Per quanto attiene al secondo problema, il meccanismo iniziale prevedeva che le risorse rimborsate dall'Ue a seguito delle rendicontazione siano riassegnate alla stessa amministrazione, compresa la quota di cofinanziamento nazionale, per incrementare o adottare nuovi Poc. Un bonus che Regioni e Province autonome avevano apprezzato insieme all'assegnazione alle regioni meridionali, nel ciclo 2021-27, di risorse addizionali Fsc pari alla quota che i Po destinano alla riprogrammazione. La lettura dell'articolo 242, invece, sembra escludere la possibilità di conservare la quota nazionale, ma rumors dovrebbero limitare la restrizione ai soli Po nazionali. Un altro motivo in più per questo già difficile negoziato.

Iter procedurale defaticante
Se Bruxelles tra marzo e la seconda decade di aprile ha fissato le norme, Roma solo ora sta pubblicando in Guri la cornice su cui operare a livello nazionale. Sono in corso negoziati bilaterali, ma difficoltà si incontrano sia con le Regioni che hanno un target di spesa molto avanzato, sia con quelle più in ritardo che, peraltro, dispongono di più risorse inutilizzate.
Trovata la quadratura del cerchio comunque l'accordo tra Governo e Regioni dovrà essere ratificato dalla conferenza Stato-Regioni . Le singole riprogrammazioni dovranno poi essere approvate dalla cabina di regia, un iter abbreviato e semplificato altrimenti si sarebbe dovuto andare al Cipe, e il ministro per le Politiche di coesione dovrà informarne il Cipe e, nel contempo, sottoscrivere gli accordi con le singole amministrazioni titolari di programmi cofinanziati, al netto di quanto previsto dalla normativa europea in tema di riprogrammazioni di fondi Ue.
Per quanto riguarda le Regioni del Centro-Nord sarebbe stato più semplice coprire immediatamente il deficit di Fsc con un finanziamento aggiuntivo ad hoc, poco più di 1,5 miliardi.

Considerazioni sulle Regioni del Mezzogiorno
Per le Regioni del Mezzogiorno, che hanno avuto assicurazioni sulle attuali poste finanziarie presenti nei Poc, non si comprendono le resistenze di alcune di loro anche perché all'orizzonte sembra esserci per ogni singola amministrazione solo un unico piano operativo denominato "Piani di sviluppo e di coesione" da approvare in Cipe troppo ottimisticamente entro il 31 luglio a fronte di risultati, in alcuni casi, veramente imbarazzanti. Ogni singolo piano racchiuderà tutte le risorse Fsc delle 3 programmazioni (2000-06, 2007-13, 2014-20), avrà modalità unitarie di gestione e monitoraggio e includerà tutti i numerosi programmi spesso nati per gemmazione dalla pianta madre.

Conclusioni
La burocrazia italiana ma anche le istituzioni a tutti i livelli sembrano non rendersi conto che Covid-19 rappresenta uno spartiacque e le opportunità vanno colte subito e attuate velocemente ma, invece, alla solerzia di Bruxelles si contrappone ancora una volta tutta l'inerzia italiana.
Infine, un ultima considerazione sui Poc che sono prorogati al 31 dicembre 2025 per salvaguardare il volume complessivo degli investimenti della politica di coesione anche se i suoi effetti, questa volta più giustificati rispetto al passato, sono spalmati su un periodo più lungo. Manca ancora il vincolo, auspicato a più riprese dalla Corte dei conti, del disimpegno automatico all'n+3. È auspicabile che venga recepito in occasione dell'approvazione dei "Piani di sviluppo e di coesione" mettendo fine al protrarsi di programmi nati 20 anni fa di cui non si riesce mai a vedere la fine!

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