Amministratori

Onere della prova attenuato per protezione internazionale se si rischia il carcere per omosessualità

di Paola Rossi

Grava un onere della prova «attenuato» sullo straniero che chiede protezione internazionale. Così la Corte di cassazione con la sentenza n. 9946/2017, depositata ieri, ha annullato la sentenza che aveva negato la tutela umanitaria - invocata da un cittadino pakistano - a causa della propria omosessualità, perseguita con l’ergastolo nel proprio Paese di origine.

La prova
I giudici di merito avevano, infatti, respinto la domanda dello straniero che lamentava un rischio di persecuzione in Pakistan in quanto l’omosessualità viene punita con il carcere a vita. Ma per ben due gradi di giudizio non era stata ritenuta raggiunta la prova della sua omosessualità. Questo il punto debole delle decisioni di merito, che ha stigmatizzato la Cassazione, affermando appunto che, per costante giurisprudenza di legittimità, in tali casi al richiedente protezione internazionale viene imposto un onere della prova «attenuato».

Il principio
Nel caso specifico, secondo la Cassazione, andava certamente riconosciuta quella forma di protezione internazionale che viene definita sussidiaria e che si applica a chi pur non avendo subito ancora un danno diretto è potenzialmente esposto a un pericolo di persecuzione. Secondo la Cassazione è questo il principio cui si devono attenere i giudici: ai fini della concessione della protezione internazionale, la circostanza che l’omosessualità sia considerata un reato dalla legge dello Stato di provenienza dello straniero è minaccia persecutoria sufficiente. Ovviamente va dimostrato anche di trovarsi nella condizione di rischio, ma - come detto - con un onere probatorio meno stringente.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©