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Migranti, l’allarme su vitto, alloggio e lavoro nell’inchiesta calabrese

Le voci di dentro raccontano più di mille suggestioni. E la voce di dentro che il 5 maggio ha contribuito con la Procura di Cosenza a far luce sulla gestione di due centri di accoglienza straordinaria nella Sila calabrese, è quella di chi ha vissuto all’interno e ha visto deviare un flusso di risorse che avrebbero dovuto essere destinate agli immigrati. Fino a dire basta in un interrogatorio del 21 novembre 2016, con il quale ha confermato anche l’utilizzo illecito di decine di migranti ospitati.
Il giorno stesso il ministro dell’Interno Marco Minniti ha annunciato un piano straordinario di controlli che è tornato a ribadire due giorni fa, dopo l’ultima indagine della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che ha svelato gli appetiti insaziabili della cosca di ‘ndrangheta Arena sul centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto (Crotone) e perfino su quello di Lampedusa.

Il quadro della situazione
Non è più una sorpresa. Da anni si rincorrevano voci, sospetti e veleni sul business dell’accoglienza nelle mani della criminalità (organizzata o meno) ma a sollevare il velo per la prima volta fu l’indagine Mondo di mezzo della Procura di Roma che il 3 dicembre 2014 terremotò la politica capitolina. Intercettato al telefono, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa 29 giugno e braccio operativo dell’organizzazione scardinata dalle indagini, domanda a un’amica: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno». Quell’inchiesta svelò le carte alterate nel centro di accoglienza dei richiedenti asilo (Cara) di Mineo (Catania) e quelle ancora tutte da scoprire del Cara di Cropani marina (Catanzaro). Senza contare i riflettori accesi, in tempi diversi, sui centri di assistenza di Foggia e Bari Palese.
Nel novembre 2016, la “voce di dentro” fa mettere a verbale di sommarie informazioni rese ai Carabinieri di Cosenza, che era stato messo da parte per via di contrasti sulla gestione dei migranti. «I contrasti si concentravano – si legge nell’ordinanza firmata il 2 maggio dal Gip del Tribunale di Cosenza Salvatore Carpino – su quanto effettivamente spettava ai ragazzi, vestizione, visite mediche, vitto e alloggio e, cosa più grave, l’occupazione di questi migranti in attività lavorative in maniera illegale, senza nessuna forma di garanzia e salvaguardia sulle loro persone. Il non essere ascoltato dai predetti responsabili su questa gestione inopportuna e poco chiara dei migranti, mi ha portato a dissociarmi totalmente dalla loro linea di conduzione. Pertanto, pochi giorni fa, ho ritenuto opportuno mettervi sommariamente al corrente di quanto oggi meglio specificato».

L’indagine
Un caso isolato? Macchè. A parte il fatto che l’indagine della Dda di Catanzaro due giorni fa ha acceso i riflettori su ogni genere di distrazione di risorse per usi e scopi personali o, peggio ancora, riconducibili alla cosca Arena, leggiamo cosa fa mettere ancora a verbale la “voce di dentro”. «Vorrei aggiungere – affermerà – che ricevo quotidianamente diverse telefonate da parte dei quattro migranti rimasti alloggiati in via...omissis...i quali lamentano di non ricevere il cosiddetto pocket money e altresì di trovarsi in precarie condizioni igienico/alloggiative. Non gli viene dato abbigliamento, sapone per igiene personale e domestica, non vi è la presenza del mediatore culturale e non vengono assistiti sanitariamente. Mi riferiscono inoltre che vorrebbero riferire quanto accade loro a voi Carabinieri ma che i responsabili della struttura esercitino pressione per impedirgli di farlo». L’indagine a tappeto del Viminale servirà anche a “liberare” altre voci ribelli.

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