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Scontro imprese-Regione Toscana sull’inceneritore fiorentino

«Gli impianti per la gestione dei rifiuti sembrano ormai essere un argomento tabù, invece sono essenziali per le nostre imprese e la nostra competitività». Giulio Grossi, presidente di Confindustria Toscana Nord (Prato, Pistoia e Lucca), l’ha voluto ribadire con forza all’assemblea annuale dell’associazione che si è svolta ieri a Pistoia, alla presenza del leader di Confindustria Vincenzo Boccia, inserendo i termovalorizzatori nell’elenco (lunghissimo) dei problemi irrisolti - identici a quelli di 12 mesi fa - che le imprese locali si trovano ad affrontare.

La situazione che si è delineata negli ultimi giorni in Toscana spaventa il mondo dell’industria. Una settimana fa il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del Tar che nel 2016 aveva annullato l’autorizzazione unica per la costruzione del termovalorizzatore di Case Passerini, nella Piana fiorentina, osteggiato da comitati locali e da alcuni Comuni dell’area. Subito dopo il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha messo una pietra sopra quel termovalorizzatore, annunciando l’intenzione di puntare sulla raccolta differenziata (da portare al 70% entro il 2020) e sull’economia circolare. Confindustria Toscana Nord lo ha attaccato: «Quali soluzioni propone Rossi per il 30% di rifiuti solidi urbani che rimarrebbero comunque da smaltire? E come intende gestire i rifiuti del tessile, della carta e del manifatturiero in genere?».

Si è riaperta così, con schieramenti di forze politiche, categorie, istituzioni e comitati, una questione che rischia di diventare esplosiva. «L’ambientalismo è una corrente di pensiero rispettabile - ha detto ieri Grossi - ma non bisogna confondere l’attenzione per l’ambiente con prese di posizione utopistiche o strumentali».

A rincarare la dose è stato Boccia: «Dobbiamo superare il tabù dei termovalorizzatori - ha detto il presidente di Confindustria - noi oggi siamo costretti a mandare i rifiuti all’estero e paghiamo pure per questo, mentre gli altri Paesi guadagnano bruciando i nostri rifiuti». Ad aleggiare sulla platea di imprenditori è stato il fantasma del governo: «L’obiettivo del nuovo esecutivo dovrà essere quello di creare lavoro - ha detto Boccia - e per raggiungerlo si deve investire sulla crescita e ridurre il debito pubblico. I nemici da combattere sono questi, non sono i mercati». Il presidente di Confindustria ha difeso l’appartenenza all’Europa e alla moneta unica, ricordando che «uscire dall’euro significa portare alla paralisi il sistema industriale italiano», e ha ricordato il peso e il valore dell’industria: «Siamo il secondo Paese industrializzato d’Europa - ha detto - ma solo il 30% dei cittadini lo sa. L’anno scorso abbiamo raggiunto 540 miliardi di export, di cui 450 arrivano dall’industria».

Un’industria che, a sentire Grossi, è messa in serio pericolo dagli ostacoli imposti a livello locale, nazionale ed europeo. L’elenco fatto dal presidente di Confindustria Toscana Nord è da brividi: «Poco o niente è cambiato rispetto a un anno fa», ha sottolineato. Grossi ha citato l’Imu sugli immobili strumentali («una mostruosità»); i costi penalizzanti dell’energia e del gas (soprattutto per il settore carta, ma anche per il tessile); l’etichettatura d’origine e l’origine preferenziale per i prodotti tessili («sempre a metà del guado»); i ritardi della Regione Toscana nel valutare le domande sui bandi europei che penalizzano le aziende due volte («riceviamo i soldi tardi e dopo inenarrabili traversie burocratiche e rischiamo di veder ridurre i fondi futuri»).

Grossi ha messo all’indice anche il codice degli appalti, «che ha aperto la strada ad aberrazioni come il sorteggio»; il quadro ancora confuso della formazione post-diploma; e poi il nodo, dolente, delle infrastrutture, «grave deficit con cui ci troviamo a misurare», con le preoccupazioni per la sorte della nuova pista dell’aeroporto di Firenze.

Tra i provvedimenti “illuminati”, invece, il presidente di Confindustria Toscana Nord ha indicato il Jobs Act (che ha contribuito ai 10mila occupati in più contati a fine 2016 rispetto al 2014) e i finanziamenti di Industria 4.0, «che nessuno ora deve toccare».

Sul fronte congiunturale, l’area Lucca-Pistoia-Prato sta lentamente imboccando la strada della ripresa: nel 2017 la produzione industriale è cresciuta dello 0,7%, l’export ha segnato +2,3%. Il primo trimestre 2018 però vede un lieve rallentamento, a conferma che il trend è ancora instabile. Gli industriali rivendicano gli investimenti fatti in questi anni: «Molti di noi hanno azzerato o ridotto i dividendi per patrimonializzare le imprese o finanziare investimenti», ha sottolineato Grossi, citando il +16,8% dell’indice Capex relativo alle risorse finanziarie aziendali impiegate per le immobilizzazioni operative nel quinquennio 2012-2016.

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