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Carceri a rischio sovraffollamento, capienza in deficit di 8mila posti

Le carceri italiane sono sempre più affollate e il divario fra presenze e posti disponibili si allarga. Dopo quattro anni di crescita ininterrotta il numero di detenuti ha ormai oltrepassato le 58.500 unità (dati ministero della Giustizia al 31 maggio scorso) e si avvicina pericolosamente alla soglia dei 60mila, non più superata dal 2013, anno della sentenza «Torreggiani» con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) condannò l’Italia per i «trattamenti inumani e degradanti» causati dal sovraffollamento carcerario. Ad allargarsi è anche la forbice fra numero di detenuti e capienza regolamentare (9 metri quadrati ciascuno): il divario ha raggiunto infatti gli 8mila posti, praticamente il triplo del minimo (2.572) registrato nel 2015.

Le cause

Nel 2015, anche grazie agli interventi adottati dopo la condanna della Cedu, si toccò il limite minimo di 52.164 detenuti. Dopodiché le presenze hanno ricominciato a salire facendo segnare un aumento del 13% in tre anni.
Le ragioni sono diverse: dal 2015 hanno ripreso ad aumentare (dopo sette anni) gli ingressi in carcere dallo stato di libertà, saliti in particolar modo nel 2016 (+5% nel biennio 2015-2017). Ad aver inciso è inoltre la riduzione delle uscite anche per il venir meno da gennaio 2016, della “liberazione anticipata speciale”, una misura svuotacarceri (Dl 146/2013) che aveva esteso da 45 a 75 giorni per semestre lo sconto di pena per chi partecipava a interventi di rieducazione.
Alla base dell’incremento dei detenuti non c’è invece la presenza di stranieri, che è anzi scesa dal 37% del 2010 all’attuale 34 per cento.

Misure alternative e lavoro in carcere

Nonostante le difficoltà, il ricorso alle misure alternative è comunque cresciuto e in otto anni il numero di chi sconta la pena al di fuori delle mura carcerarie è più che triplicato. Il merito è soprattutto dell’istituto della messa alla prova, introdotto nel 2014 e oggi utilizzato da oltre 13 mila persone, contro le 6557 del 2015. Nato nel processo minorile, questo strumento permette agli adulti che hanno commesso reati minori e ne fanno richiesta di evitare il processo e cancellare il reato, se svolgono svolgere attività e condotte riparative.
«Le misure alternative potrebbero essere ancor più utilizzate - spiega Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti - ma la sempre più debole composizione sociale dei detenuti (spesso senza fissa dimora) ne limita il ricorso: in carcere oggi ci sono 8.198 persone con una pena residua inferiore a un anno.E questo nel 2017 ha pesato».
In crescita il numero di detenuti che svolge un’attività lavorativa, che resta comunque ben al di sotto del 50% . A fine 2017 erano 18.404 (il 32%), in gran parte alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria (soprattutto per lavori domestici) ma anche di imprese e cooperative che gestiscono lavorazioni all’interno elle strutture detentive.

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