Amministratori

Giochi e slot, anche nel subentro vanno rispettate le distanze minime dai luoghi sensibili

di Guido Befani

Anche il subentro nella autorizzazione ex articolo 86 Tulps per la gestione di apparecchi da intrattenimento -slot- per la raccolta lecita di giocate deve rispettare il limite minimo di distanza dai 500 metri dai luoghi sensibili, avendo la normativa la stessa finalità di contrasto alla ludopatia e a tutela di soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all'illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della «dipendenza da gioco d'azzardo». È quanto afferma il Tar Lecce, con la sentenza 16 giugno 2018, n. 1031.

L’approfondimento
Il Tar Lecce è intervenuto sulla legittimità del diniego di subentro nella autorizzazione ex articolo 86 Tulps per la gestione di apparecchi da intrattenimento -slot- per la raccolta lecita di giocate, perché la sala da gioco è sita a meno di 500 metri dai cosiddetti «luoghi sensibili».

La decisione      
Nel respingere per infondatezza il ricorso avverso il provvedimento di diniego, il Collegio ha avuto modo di rilevare come in base al combinato disposto dell’articolo 86, comma 3, del Tulps e dell’articolo 7 della legge regionale della Puglia n. 43/2013, il rilascio della licenza in esame è condizionato oltre che al possesso dei requisiti soggettivi del titolare, anche al possesso di quelli oggettivi relativi al locale e al rispetto delle distanze minime da scuole, istituti di culto, e dalle altre strutture ivi indicate.
Per il Collegio, infatti, il legislatore ha disposto espressamente che l’autorizzazione all’esercizio ed alla installazione delle slot possa prescindere dalla distanza superiore ai 500 metri dagli istituti scolastici e altri istituti frequentati da minori solamente nei casi previsti dall’articolo 110, comma 7, del Rd n. 773/1931, ma non è dato rinvenire analoga precisazione per il subentro alle autorizzazioni esistenti al momento dell’entrata in vigore della legge.
Tuttavia, il Collegio è pervenuto alle medesime conclusioni analizzando la ratio perseguita dalla norma in esame, volta alla prevenzione e al contrasto delle dipendenze da gioco, oltre che la tutela della salute, dunque un interesse pubblico certamente superiore a quello privato dell’esercente l’attività commerciale.
Per il Collegio, quindi, non può essere seriamente sostenuto che l’Amministrazione, in caso di subingresso, debba limitarsi alla verifica in capo al subentrante del possesso dei soli requisiti di idoneità soggettiva, e non anche alla permanenza dei requisiti di idoneità sostanziale, perché, al contrario, il controllo che deve essere effettuato dall’Ente pubblico è un controllo di legittimità che deve ricadere sul possesso di tutti i presupposti, essendo custode del superiore interesse pubblico che deve essere sempre perseguito.
Per il Collegio, infatti, la ratio della norma in parola, dunque, è quella di contrastare la ludopatia, attraverso il rispetto di distanze minime dai «luoghi sensibili», a tutela di soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all'illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della «dipendenza da gioco d'azzardo».
Perseguendo la disposizione, in via preminente, finalità di carattere socio-sanitario, essa si palesa pienamente compatibile con il principio di libertà di iniziativa economica di cui all’articolo 41 Cost., e con i principi europei in tema di concorrenza (si veda in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato n. 4498/2013).

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che le contestazioni proposte dalla ricorrente appaiono non meritevoli di accoglimento e per l’effetto la domanda impugnatoria deve essere dichiarata infondata.

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