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Porto d'armi per difesa personale solo in caso pericolo concreto ed attuale

di Guido Befani

L’arma per difesa personale deve essere una necessità reale e non un'opzione personale per situazioni meramente ipotetiche; infatti, in mancanza di precisi elementi fattuali, il titolo non può essere rilasciato né rinnovato e mantenuto sulla base solo di un'affermata, potenziale e probabilistica sussistenza di un pericolo, ad esempio come conseguenza dell'attività professionale svolta dal richiedente. È quanto afferma il Tar Bologna, con la sentenza n. 689/2018.

L’approfondimento
Il Tar Bologna è intervenuto affermando la legittimità del diniego di rilascio del porto di pistola, motivato in riferimento alla insussistenza di una situazione eccezionale di esigenza di difesa personale del soggetto richiedente, che rivestiva la qualità di socio in un'area di servizio autostradale quale esercente l’attività di distribuzione carburanti, con incassi giornalieri molto elevati.

La decisione
Nel respingere il ricorso avverso il provvedimento di diniego, il Collegio ha avuto modo di rilevarne l’infondatezza atteso che, l’ordinamento giuridico italiano, prevede che il monopolio dell'uso della forza per tutelare l'ordine pubblico spetta allo Stato e alle forze dell'ordine, per cui la concessione di un porto d'armi costituisce pur sempre un'eccezione.
Per il Collegio, infatti, l’arma per difesa personale deve essere una necessità reale e non un'opzione personale per situazioni meramente ipotetiche; quando l'articolo42, comma 3, Tulps (Rd n. 773/1931), concede all'Autorità la facoltà di autorizzare il porto d'armi, il presupposto cogente è il "dimostrato bisogno" per potere beneficiare di un'eccezione.
Per il Collegio, in sostanza il tipo di porto d’armi richiesto, che rappresenta una assoluta eccezione alla regola generale per cui la protezione dell’incolumità dei cittadini è demandata alle forze dell’ordine, non si limita a richiedere la buona condotta dell’istante o l’assenza in capo al medesimo di condanne o condotte che ne inficino l’affidabilità ma presuppone la dimostrata sussistenza di una eccezionale esigenza di difesa personale; laddove, peraltro, negli ultimi anni sono state emanate direttive più restrittive per la concessione delle armi per difesa personale che giustificano perché in passato in circostanze analoghe siano state concesse autorizzazioni che oggi si negano.
Nel caso di specie, pertanto, la motivazione del diniego è apparsa in linea con l’orientamento giurisprudenziale espresso sul punto (si veda Tar Piemonte 749/18 e Tar Emilia-Romagna 382/18 ) dal momento che la normativa vigente in materia consente al cittadino di disporre di un mezzo di difesa propria soltanto qualora egli si trovi in condizione di accertato effettivo, concreto ed attuale pericolo e non come strumento di lavoro o, in mancanza di precisi elementi fattuali, il titolo non può essere rilasciato né rinnovato e mantenuto sulla base solo di un'affermata, potenziale e probabilistica sussistenza di un pericolo, ad esempio come conseguenza dell'attività professionale svolta dal richiedente.

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva la legittimità del provvedimento di diniego, atteso anche che è un fatto notorio che gli acquisti di carburante vengono pagati prevalentemente con mezzi di pagamento elettronici e che in caso di incassi rilevanti ci si può servire di organizzazioni di vigilanza privata.

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