Amministratori

Dl sicurezza, una riflessione che parte dall’abolizione del permesso umanitario

di Mimma Amoroso

Dopo una lunga fase di gestazione, caratterizzata da una fitta interlocuzione con la Presidenza della Repubblica e sfociata poi in un messaggio monitorio di Mattarella, il Governo ha introdotto importanti novità in materia di immigrazione nell'ambito di un più ampio decreto legge contenente anche disposizioni in materia di sicurezza.
Il dibattito politico che lo ha preceduto e quello che ne è seguito immediatamente dopo ha già messo in luce la principale riforma fortemente voluta dal ministro Salvini, rappresentata dall'abolizione del «permesso umanitario». Ma non è questa la sola novità, essendo previste in tema di immigrazione anche altre nuove disposizioni che possiamo esaminare per grandi temi.

Abolizione del permesso umanitario
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari fu introdotto con l'intento di prevedere una ipotesi eccezionale – e temporanea – non rientrante nelle più generali e ampie tipologie di permesso per lavoro, per protezione internazionale e per motivi familiari, ma comunque a tutela di particolari ragioni «di umanità», anche al di là di quanto previsto da altre disposizioni internazionali o costituzionali. A livello europeo, pur non trattandosi di un unicum tra le norme cosiddette di chiusura degli ordinamenti dei vari Stati, la previsione del permesso umanitario italiano ha comunque rappresentato una delle normative di più ampio respiro in tema di tutela dei diritti umani.
Ed è così che, nell'ambito delle disposizioni che regolano il diritto di soggiorno degli stranieri era previsto il rilascio di questo particolare permesso, consentendo di chiederne il rilascio anche alla commissione territoriale preposta all'esame della domanda di asilo nel caso in cui non riscontrasse elementi sufficienti per il riconoscimento di una forma di protezione (asilo o protezione sussidiaria), ma riconoscesse la sussistenza di altri elementi meritevoli del rilascio di un permesso umanitario.
È evidente, quindi, che negli anni trascorsi, sulla base di tali presupposti, in moltissimi casi sia la commissione territoriale che le autorità giurisdizionali (nei casi di impugnazione delle decisioni di rigetto), hanno ritenuto opportuno chiedere al questore il rilascio del permesso per motivi umanitari anche in considerazione del vissuto del migrante (specie per le vittime di tortura in Libia).

La direttiva
Ebbene, nel valutare i dati a sua disposizione, Salvini ha constatato l'elevata percentuale dei casi di rilascio del permesso umanitario e il preoccupante tasso incrementale di accoglimento dei ricorsi giurisdizionali proposti avverso i dinieghi delle commissioni territoriali, tant'è che già ad un mese dal suo insediamento ha diramato una direttiva a prefetti, questori e presidenti delle commissioni per richiamarli a una valutazione più rigorosa dei presupposti per il rilascio del permesso, e ha avviato il processo che ha portato all'emanazione del decreto in esame, addirittura cassando dall'ordinamento la fattispecie del permesso per motivi umanitari e soprattutto facendo venir meno il richiamo agli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano previsti per limitare i casi di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno (art. 5, comma 6, del t.u. immigrazione).
È proprio questa la modifica che ha dato luogo al monito presidenziale con il quale è stata richiamata l'attenzione del Governo al rispetto dell'articolo 10 della Costituzione e ai conseguenti obblighi internazionali di tutela della condizione giuridica degli stranieri, proprio a sottolineare che il nostro ordinamento in nessun caso può andare in contrasto con tali principi.
Il Dl 113/2018, poi, contiene inevitabilmente tutte le disposizioni che impongono l'armonizzazione dell'ordinamento derivanti dall'abolizione della fattispecie di permesso umanitario e introduce la categoria del permesso speciale per talune fattispecie già esistenti o di nuova introduzione, prevedendo che, per coloro i quali hanno già ricevuto il permesso umanitario a seguito della valutazione della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, alla scadenza del permesso, si proceda ad una nuova valutazione sulla sussistenza dei presupposti di inespellibilità.
In sostanza, com'è evidente, tutti i permessi umanitari sino a ora rilasciati dovranno essere messi a setaccio per rivalutare la sussistenza dei presupposti, la possibilità di rinnovarli o convertirli (nei soli casi in cui ciò sia consentito) ed, eventualmente, avviare la procedura di espulsione.
Solo per i procedimenti in corso, per i quali la Commissione territoriale non ha accolto la domanda di protezione internazionale e ha ritenuto sussistenti gravi motivi di carattere umanitario è previsto che allo straniero sia rilasciato un permesso di soggiorno per “casi speciali” eccezionalmente convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato.

Nuove fattispecie di permesso di soggiorno
L'ordinamento in materia di immigrazione si è arricchito, negli anni, di categorie sempre più particolari di permessi di soggiorno, sia in osservanza delle direttive comunitarie (si pensi al permesso per ricerca scientifica o per qualifiche di personale specializzato), sia per fronteggiare esigenze di tutela sociale rispetto a fenomeni particolarmente gravi come lo sfruttamento lavorativo o sessuale, la violenza domestica (questi ultimi due casi pure rientranti tra le ipotesi di permessi speciali).
Con l'intervenuta abolizione del permesso umanitario ci si è – per fortuna – resi conto dell'esigenza di coprire un vuoto che si sarebbe determinato e sono state quindi introdotte nuove fattispecie di permesso di soggiorno per coloro i quali:
- provengono da Paesi che versano in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza (nuovo articolo 20 bis del Dlgs 286/1998). In tal caso il permesso, valido solo 6 mesi, consente di lavorare ma non ammette la conversione per motivi di lavoro né il ricongiungimento familiare;
- abbiano compiuto atti di particolare valore civile (nuovo articolo 42 bis del Dlgs 286/1998). Si tratta dei casi che consentono il conferimento della ricompensa al valore civile sulla base di una legge del 1958 per chi – nel linguaggio del legislatore dell'epoca - esponendo scientemente la propria vita a manifesto pericolo, ha salvato persone esposte ad imminente e grave pericolo, ha impedito o diminuito il danno di un grave disastro pubblico o privato, ha ristabilito l'ordine pubblico, ha fatto arrestare malfattori, ha contribuito al progresso della scienza od in genere per bene dell'umanità.
Il rilascio del permesso è previsto venga autorizzato dal Ministro dell'interno, ha durata di due anni, è rinnovabile, consente l'accesso allo studio nonché di svolgere attività lavorativa e può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato.

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