Amministratori

Possibile «trattenimento» degli appena sbarcati negli hot spot per la verifica dell'identità

di Mimma Amoroso

Alcune novità sono riservate dal decreto Sicurezza (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa di martedì scorso) anche alla fase del contenzioso, che già con il decreto legge n. 13/2017 varato dal ministro Minniti fu riformato con l'istituzione di sezioni specializzate dei Tribunali e l'abolizione della possibilità di proporre appello avverso le sentenze di diniego di primo grado, lasciando il solo rimedio del ricorso in Cassazione.
Tra le nuove disposizioni, proprio con riferimento al ricorso in Cassazione, è ora previsto che la procura alle liti debba essere rilasciata solo dopo la pronuncia di primo grado (per evitare un abuso degli strumenti di impugnazione da parte dei difensori, spesso nominati d'ufficio) e che nei casi di rigetto della domanda di asilo la Corte debba decidere entro sei mesi dal deposito del ricorso.

Disposizioni sui rimpatri
In piena coerenza con le affermazioni di principio costantemente esposte dal ministro Salvini, dirette a ottenere che gli stranieri irregolari vengano rimpatriati nei loro Paesi, il nuovo decreto assegna maggiori risorse al fondo destinato alle procedure di rimpatrio ed estende nuovamente il periodo massimo di trattenimento nei centri di espulsione, portandolo dagli attuali 90 a 180 giorni (nuova formulazione dell'articolo 14 del testo unico immigrazione). Ciò dovrebbe consentire di condurre con maggiore efficacia le procedure di identificazione - per le quali occorre la collaborazione dell'ambasciata del paese di provenienza dello straniero - e di organizzazione del trasferimento (si pensi al recente episodio in cui si ruppe l'aeroplano che doveva eseguire il rimpatrio e sono stati lasciati andare con il foglio di via 7 tunisini pronti al rientro forzoso in Tunisia).
La decisione non mancherà di scatenare nuovamente tutti i movimenti di protesta che condussero, nel 2014, a ridurre il periodo massimo dai 18 mesi previsti precedentemente e comporterà, per l'amministrazione, l'esigenza di accelerare la capacità di realizzare nuove strutture di trattenimento per disporre di un maggior numero di posti per dare quanto meno l'illusione che si possa incrementare il numero delle espulsioni forzate che da sempre espone dati assolutamente inadeguati alle esigenze (difatti non paiono effettivamente incrementate le strutture destinate a Cpr che sin dal decreto Minniti del febbraio 2017 dovevano essere istituite in ogni Regione).
In questa direzione un'altra disposizione del Dl 113/2018 consente di accelerare i lavori di costruzione, completamento, adeguamento e ristrutturazione dei centri di trattenimento per il rimpatrio ammettendo, per i prossimi tre anni, il ricorso alla procedura negoziata per lavori di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria. Non sarà certo una deroga risolutiva nei casi in cui si tratterà di realizzare/ristrutturare ex novo immobili da destinare al trattenimento, ma senza dubbio consentirà di disporre interventi di minima entità senza dover esperire gare defatiganti in termini di adempimenti burocratici e tempi di svolgimento.

Il trattenimento negli hotspot
Una novità assoluta del nuovo decreto riguarda l'ipotesi di trattenimento dei richiedenti asilo nei casi in cui si trovino in una delle strutture che comunemente vengono definite hotspot: si tratta dei centri che sono stati individuati in prossimità dei luoghi di sbarco (compresa Lampedusa) per effettuare le operazioni di soccorso e identificazione dei migranti soccorsi in mare. Ebbene, se fino a ora in questi centri non era possibile alcuna forma di trattenimento se non ai fini dell'ultimazione delle operazioni di foto segnalamento, con il nuovo decreto si ammette la possibilità del trattenimento del richiedente asilo per non oltre 30 giorni per la determinazione o la verifica dell'identità o della cittadinanza e, nel caso in cui ciò non sia stato possibile, per ulteriori 180 giorni nei centri per il rimpatrio, con la conseguenza che lo straniero richiedente asilo giunto irregolarmente e condotto in un hotspot potrebbe essere privato della libertà sino a 210 giorni e, in caso di ricorso giurisdizionale, per non oltre dodici mesi.
Anche tale disposizione non mancherà di scatenare le provocazioni di tanti movimenti di opinione che sono propensi a riconoscere ai migranti i più ampi diritti di libertà e di movimento.

Disposizioni in tema di asilo e di procedure del «regolamento Dublino»
Il Dl 113/2018 apporta una stretta anche alle procedure di esame delle domande di asilo.
Da un lato viene ampliato il panorama dei reati per i quali può intervenire il diniego della protezione (nelle due forme di status di rifugiato o protezione sussidiaria) aggiungendo alle ipotesi di terrorismo anche i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (ipotesi non rara nella realtà quotidiana), lesioni gravi, mutilazione genitale femminile, furto aggravato. Nel caso di avvio di procedimento penale per uno di tali reati viene anche prevista l'accelerazione dell'esame della commissione territoriale e, in caso di rigetto, l'immediata espulsione, anche in pendenza di impugnazione.
Dall'altro viene previsto come rilevante ai fini della revoca della protezione il dato riguardante il rientro del beneficiario nel Paese di origine. E' stato infatti constatato che in alcuni casi i beneficiari, una volta ottenuta la protezione, fanno rientro nel Paese di origine con regolare volo di linea, con ciò contraddicendo l'assunto che ha portato alla concessione della protezione, basato sull'asserita condizione di pericolo nel proprio Paese.

Le zone di frontiera
Altra novità di rilievo riguarda la possibilità per il ministero dell'Interno di individuare le zone di frontiera presso le quali si possa procedere all'esame accelerato delle domande di asilo e la conseguente possibilità di istituire ulteriori sezioni delle commissioni territoriali da preporre all'esame di tali domande (ed evitare, in tal modo, il trasferimento dei richiedenti asilo in altre aree del Paese ai fini dell'accoglienza nelle apposite strutture).
Viene poi previsto che non è consentito rimanere in Italia in caso di domanda reiterata al solo scopo di eludere il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale ed abolita la possibilità di aggiungere elementi a sostegno della domanda reiterata, oltre quelli contenuti nella domanda medesima.
Per quel che concerne le procedure di fissazione dello Stato competente in base al regolamento Dublino (di norma è competente lo Stato di primo ingresso) viene prevista la possibilità di istituire sino a 3 articolazioni periferiche dell'ufficio che fa capo al ministero dell'Interno denominato, appunto, Unità Dublino. In tal modo sarà possibile fronteggiare con maggiore efficacia gli arrivi di persone provenienti dalle frontiere interne alla Ue le cui domande di asilo non dovrebbero essere valutate dall'Italia ma molto spesso diventano di competenza italiana per mancanza di esame tempestivo del singolo caso. Inoltre, per le procedure esaminate dagli uffici periferici, saranno competenti le autorità giurisdizionali corrispondenti, alleggerendo, in tal modo, il carico di lavoro del Tribunale di Roma presso cui attualmente è attribuita la competenza sui ricorsi proposti avverso le decisioni dell'Unità Dublino.

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