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Dl sicurezza, rischio di crack la vendita diretta ai privati dei beni confiscati a mafia e criminalità

Le nuove norme del Dl sicurezza in materia di beni confiscati a mafia e criminalità suscitano le «perplessità» del Pg di Milano, Roberto Alfonso, e fanno dire al procuratore della Repubblica, Francesco Greco, che si è ormai di fronte a «una situazione prefallimentare», con un sistema da ripensare dalle fondamenta consegnando «a una bad company» le ceneri delll’impianto nato 22 anni fa.

L’occasione per fare il tagliando alle procedure di emersione legale dei patrimoni confiscati è stata la sigla, ieri pomeriggio in Tribunale, di un ambizioso protocollo che coinvolge una decina di organizzazioni - dalla Regione Lombardia ad Assolombarda, passando per Abi, gli Ordini professionali , Legacoop, Unioncamere, Confcommercio, Libera e i sindacati tra gli altri - per implementare la filiera milanese del recupero di immobili e aziende in amministrazione giudiziaria. Numeri importanti, hanno ricordato Riccardo De Corato (Regione Lombardia) - 883 procedure a Milano di cui 198 srl, 380 a Monza , 145 a Varese, 136 a Brescia - e l’assessore comunale Pierfrancesco Maiorino ( 174 progetti di recupero avviati, a partire dal primo social market di 5 anni fa) ma costellati di enormi problemi operativi. Problemi sottolineati dal procuratore Dda Alessandra Dolci (lavoro nero che viene rivendicato giudizialmente il giorno dopo l’assegnazione all’amministratore giudiziario) ,con l’ agenzia Entrate che chiede arretrati da 36 milioni il giorno dopo l’emersione di un’azienda (ha citato il presidente delle misure di prevenzione,Fabio Roia), e banche che contestualmente revocano il fido (Stefania Chiaruttini, commercialista). In questo panorama che richiederebbe una legislazione autonoma ed emergenziale per gestire il patrimonio faticosamente sottratto a cosche e organizzazioni criminali (talvolta di soli colletti bianchi) il colpo “fallimentare” - per citare il procuratore Greco e il Pg Alfonso - è la nuova norma che prevede la possibilità di vendita diretta a privati dei beni sotto tutela, con il rischio di un veloce ritorno di asset nel sottobosco dell’illegalità.

La difesa d’ufficio di un sistema che si racconta allo stremo è venuta da Ennio Sodano, direttore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati, secondo cui «la prima cosa da risettare sono i dati: negli ultimo due anni l’Agenzia ha assegnato 7 mila unità (di 30 mila totali, ndr), mentre delle 2.700 aziende in carico solo 560 avevano presentato bilanci nei 3 anni precedenti la confisca. Ciò significa che le altre erano semplici “cartiere”, o società di copertura o comunque società di fatto inesistenti». Il problema resta come portare a galleggiamento nell’economia reale bar, ristoranti, discoteche e caseifici sottratti alla mala. Appena fuori dalla cerchia dei Navigli, hanno raccontato Dolci (Dda) e Roia succede che il noto agriturismo con annesso ristorante perde istantaneamente tutti i clienti. Succede a Milano.

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