Amministratori

Edifici occupati, il nuovo vento delle responsabilità per i mancati sgomberi

di Paolo Canaparo

Di nuovo al centro della giurisprudenza civile la questione della occupazione abusiva degli immobili e della responsabilità aquiliana del ministero dell'Interno per il mancato sgombero. È una posizione netta quella assunta dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 24198/2018 (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 5 ottobre 2018), ha formulato alcune considerazioni sulla sussistenza di responsabilità risarcitorie dell'autorità prefettizia per comportamento omissivo dopo che la circolare del ministro dell'Interno Salvini, lo scorso agosto, ha definito un nuovo modello operativo volto a favorire gli interventi di liberazione degli immobili (per una più efficace salvaguardia del diritto di proprietà e di quello di impresa) nella ponderata valutazione delle esigenze di tutela delle persone realmente più vulnerabili. Gli indirizzi giurisprudenziali riguardano sia i margini di discrezionalità nella attivazione degli interventi di liberazione degli immobili sia le limitazioni che questi interventi possono subire.

Le considerazioni della Cassazione
La pronuncia, innanzitutto, definisce «sconcertante» l'affermazione secondo cui astenersi dall'esecuzione dei provvedimenti giudiziari di sgombero sarebbe un modo di «tutelare l'ordine pubblico». In questo senso osserva che tollerare il crimine, per di più commesso da «masse organizzate e agguerrite in pregiudizio di cittadini indifesi, è una ben strana forma di tutela dell'ordine pubblico»: questo ultimo si tutela ripristinando le legge violata e non già assicurando al reo il godimento del frutto del reato. Aggiunge la stessa Corte che nessuna comparazione o bilanciamento di interessi è consentito alla pubblica amministrazione, quando vengano in conflitto l'interesse accampato da chi ha violato la legge (l'occupante abusivo) e chi l'ha rispettata (il proprietario dell'immobile occupato); così che è impensabile che per ragioni di ordine pubblico si possa dare preferenza al primo. Sono, infine, considerate, del tutto irrilevanti, ai fini dell'affermazione della responsabilità della pubblica amministrazione, le ragioni per le quali l'immobile da sgomberare è stato occupato. L'occupazione abusiva è un delitto, a prescindere dalle condizioni di bisogno - vere o presunte - di chi lo commette, se così non fosse, si potrebbe arrivare al paradossale risultato che qualsiasi usurpazione dei beni e dei diritti altrui finirebbe per essere giustificata da veri o presunti «stati di bisogno» e ne sarebbe disintegrata la stessa convivenza civile. La sentenza, infine, afferma che deve considerarsi contrario al diritto, alla logica e anche al buon senso sostenere che, dinanzi a un'aggressione generalizzata alla proprietà privata, si debba «lasciar fare», altrimenti il reo potrebbe diventare più violento.

Le politiche abitative
Il Supremo consesso osserva poi che la politica di welfare per garantire il diritto a una casa non può compiersi a spese dei privati cittadini, che già sono sottoposti a un carico tributario sugli immobili che alimenta, attraverso la fiscalità generale, la spesa per lo stato sociale. Se l'amministrazione vuole dare un alloggio a chi non lo ha, la via legale è edificare alloggi o l'espropriare case private seguendo la legge e pagando il giusto indennizzo, e non certo garantire senza titolo il godimento dei beni altrui. Pertanto la circostanza che un immobile altrui sia illecitamente occupato per necessità abitativa, piuttosto che per protesta, per gioco, per esercitarvi attività associative, risulta del tutto irrilevante ai fini dell'affermazione della responsabilità della pubblica amministrazione che non abbia eseguito l'ordine giudiziale di sgombero.

La specificità del provvedimento giudiziario da eseguire
Un'importante precisazione riguarda, infine, il provvedimento giudiziario da eseguire. La Corte ha evidenziato che il ministero dell'Interno controricorrente ha dedotto che non vi fu negligenza dei propri organi nel ritardare lo sgombero degli immobili, perché i provvedimenti emessi dalla procura della Repubblica non contenevano dettagliate istruzioni esecutive. Questa affermazione, secondo la Corte di cassazione, è comunque inidonea a escludere la colpa della pubblica amministrazione. È, innanzitutto, singolare che il ministero dell'Interno pretenda di avere la massima discrezionalità quando si tratta di scegliere se dare o non dare esecuzione a un provvedimento giudiziario di sgombero e di non averne quando si tratta di scegliere come eseguirlo. In ogni caso la pubblica amministrazione, nell'esecuzione delle attività materiali a essa demandate, ha l'obbligo di diligenza previsto dall'articolo 1176, comma secondo, del codice civile. Pertanto, incaricata di eseguire uno sgombero, la pubblica amministrazione ha il dovere di provvedervi con le capacità e le professionalità da essa esigibili, senza attendere supinamente che sia qualcun altro a dirle come fare. Del resto, nessuno ha mai preteso dall'autorità giudiziaria che, nell'emanare, ad esempio, una ordinanza di custodia cautelare, spieghi dettagliatamente come debba eseguirsi. L'esecuzione materiale dell'ordine è compito e responsabilità della pubblica amministrazione, e la mancanza di direttive dettagliate al riguardo non l'autorizza a non eseguirlo.

La responsabilità dell'autorità prefettizia
La pubblica amministrazione ha il «dovere» di apprestare la forza pubblica e se sindaca l'opportunità di farlo incorre in «una condotta illecita». La mancanza di mezzi aggrava poi, invece che scusare, la pubblica amministrazione che non garantisca l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali. Né, al fine di escludere la responsabilità, è possibile sindacare la natura, il contenuto o lo scopo del provvedimento giurisdizionale al quale la forza pubblica è chiamata a dare attuazione. In particolare, la circostanza che il provvedimento giudiziario al quale la pubblica amministrazione è chiamata a dare attuazione non abbia come oggetto diritti inviolabili della persona o diritti fondamentali consacrati dalla Costituzione o da trattati internazionali non attenua l'obbligo della pubblica amministrazione di darvi esecuzione. Quando, pero, il provvedimento giudiziario sia stato, come nel caso della sentenza di liberazione di immobili occupati, emanato a tutela di diritti fondamentali riconosciuti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, la violazione da parte della pubblica amministrazione dell'obbligo di dare esecuzione ai provvedimenti giudiziari ne rafforza la responsabilità. Questo perché la violazione non solo espone il funzionario o l'amministrazione di appartenenza a responsabilità verso il singolo secondo le regole della lex Aquilia, ma esporrebbe altresì lo Stato nel suo complesso all'obbligo di riparazione verso i titolari dei diritti violati, per mancato apprestamento di adeguata tutela a quei diritti

La sentenza della Corte di cassazione n. 24198/2018

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