Amministratori

Strade comunali, la destinazione pubblica si desume dall’uso effettivo

di Pietro Verna

L'iscrizione di una strada nell'elenco comunale delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico secondo l'articolo della 8 della legge 12 febbraio 1958 n. 126 (Disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico, abrogata dall'articolo 231 del codice della strada) ha natura dichiarativa, potendo l'interessato dimostrare l'inesistenza del transito pubblico e rivendicare la proprietà della strada. Così il Consiglio di Stato, sezione V, nella sentenza n. 5820/2018.

Il caso
Con l'affermazione di questo principio, il massimo organo di giustizia ammnistrativa ha confermato la pronuncia con la quale il Tar Campania – Napoli aveva respinto il ricorso proposto dai proprietari di un immobile contro la denuncia di inizio di attività relativa all'apertura di un varco di accesso carrabile presentata dai proprietari di un fondo confinante. Varco che, da avviso dei ricorrenti, sarebbe stato realizzato su una strada ricadente in un'area di loro proprietà e non (come asserito dai confinanti) su strada a uso pubblico in quanto iscritta nell'elenco delle strade comunali.

La sentenza
Il Tar aveva repinto il ricorso per due ordini di motivi. In primis perché l'inclusione della strada nello stradario comunale e la sua classificazione come strada a uso pubblico era avvenuta con delibera del Comune «mai formalmente contestata dai ricorrenti». In secondo luogo perché alla presunzione di uso pubblico della strada conseguente all'inserimento nell'elenco delle strade comunali si accompagnavano altri elementi «che costituivano sicuro indice rivelatore della sussistenza di un uso pubblico, quali la presenza della pubblica illuminazione e la toponomastica». Decisione che il Consiglio di Stato ha confermato alla luce del consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la destinazione pubblica di una strada è desumibile dall'effettivo uso pubblico, dalla toponomastica, nonché dalla presenza o meno dell'illuminazione pubblica, unitamente all'inserimento della stessa nella rete viaria pubblica, o mediante un atto negoziale, oppure in modo simile a quanto previsto dall'articolo 1062 del codice civile per la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, mediante una sistemazione dei luoghi in cui sia implicita la realizzazione di una strada per uso pubblico.
Il Comune deve accertare la concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere generale anche per il collegamento con la pubblica via e un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, fermo restando il principio generale che «la controversia circa la proprietà, pubblica o privata, di una strada, o circa l'esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, «è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario».
Ai fini dell'esistenza di una servitù pubblica di passaggio su una strada, devono sussistere i requisiti del passaggio, esercitato da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza a una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse e il titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può identificarsi anche nella protrazione dell'uso stesso da tempo immemorabile. Peraltro la giurisprudenza risalente alla legge n. 126 del 1958 aveva formulato i medesimi principi stabilendo che l'insistenza di segnaletica stradale, l'illuminazione, la funzione di raccordo con altre strade e su pubbliche vie sono tutti elementi univoci per il riconoscimento della qualità di strada comunale all'interno dei centri abitati.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5820/2018

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