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Decreto sicurezza, «sì» della Camera alla fiducia - Salvini: rivedrò le norme sui migranti

Matteo Salvini incassa il “sì” della Camera al suo provvedimento bandiera. Quando i deputati confermano la fiducia al Governo sul decreto sicurezza in seconda lettura, con 336 voti favorevoli e 249 contrari, il ministro dell’Interno è già in conferenza stampa dopo aver passato il pomeriggio in Aula a Montecitorio. «Enorme soddisfazione, non da ministro ma da cittadino italiano», commenta. «Il decreto porta tranquillità, ordine, regole e serenità nelle città italiane. L’intervento organico parte dall’antimafia».

Salvini lascia all’ultimo posto l’immigrazione. Nonostante il provvedimento sancisca la stretta sui permessi di soggiorno per motivi umanitari, sostituiti da permessi speciali temporanei per sei fattispecie (da motivi di salute di particolare gravità ad atti di valore civile), e sul sistema Sprar, cui potranno accedere soltanto i titolari di protezione internazionale e i minori non accompagnati. Non solo. Si amplia la gamma di reati che comportano la negazione o la revoca della protezione internazionale e la durata massima del trattamento degli stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio aumenta da 90 a 180 giorni. Novità mal digerite anche tra i Cinque Stelle, che però alla fine hanno ingoiato il rospo e dimostrato lealtà all’Esecutivo gialloverde. «Trovo coerente il voto positivo a questo decreto dopo i miglioramenti apportati nell’esame parlamentare», scandisce Federica Dieni dal M5S. Stavolta nessun dissidente, a differenza del voto di fiducia a Palazzo Madama, costato a cinque senatori pentastellati il deferimento ai probiviri.

Sul tema migranti il vicepremier leghista rilancia, annunciando per i prossimi mesi «una completa riorganizzazione di tutte le norme» del settore. È il segnale che sul suo cavallo di battaglia Salvini non ha intenzione di demordere. Lo deve al suo elettorato, a maggior ragione se è costretto a cedere su altri fronti: la riforma della prescrizione contenuta nel Ddl anticorruzione targato M5S, che deve essere modificato dal Senato per cancellare la norma sul peculato che avrebbe salvato alcuni leghisti di punta. O l’allentamento del muro contro muro con l’Europa sulla manovra, che costerà qualche ridimensionamento della riforma delle pensioni. O ancora il balletto sulle grandi opere, che tanto fa irrigidire il ceto produttivo del Nord.

La sicurezza è il vessillo che nella navigazione incerta del Governo il Carroccio può continuare a sventolare, dal Daspo urbano esteso anche a ospedali, mercati e fiere alle sanzioni più severe per chi occupa immobili, fino al rafforzamento dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia. Salvini elenca: «Ci sono più poteri ai sindaci, il giro di vite contro i parcheggiatori abusivi e gli occupanti abusivi di case e palazzi, più soldi per gli straordinari delle forze dell’ordine, mentre i 100 milioni per le assunzioni saranno nella manovra». Rivendica le misure sullo sport: «Nel decreto si prevede che le società di calcio pagheranno i circa 30 milioni di euro che costano le forze dell’ordine agli stadi. È quanto spendono per uno o due giocatori ogni anno».

Alla Camera Salvini ha potuto contare sul voto favorevole al decreto (ma non alla fiducia) del resto del centrodestra: Forza Italia e Fratelli D’Italia. È dal Pd e dalla sinistra che arrivano le parole più dure. Con l’ex titolare del Viminale, Marco Minniti, che si dice molto preoccupato: «Questo è un decreto insicurezza, perché quando si cancella la protezione umanitaria si sta dando un colpo mortale alle politiche di integrazione del nostro Paese».

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