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Impianti di gestione dei rifiuti, il decreto sicurezza coinvolge Regioni ed enti nei piani di emergenza

di Rosa Clemente

I numerosi incendi del 2018 in diversi impianti di trattamento rifiuti hanno indotto il Parlamento a introdurre l'articolo 26 bis alla legge di conversione del decreto Sicurezza (Legge 132/2018), intitolato «Piano di emergenza interno per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti».
Il nuovo articolo segue la circolare Ambiente del 15 marzo 2018 n. 4064 (Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione rifiuti e per la prevenzione dei rischi), pubblicata in collaborazione con i vigili del fuoco, le Regioni e le Agenzie ambientali più interessate dagli episodi di incendi, che già richiamava alcuni criteri operativi utili per una gestione ottimale degli stoccaggi negli impianti che gestiscono rifiuti. Criteri da seguire negli impianti e da implementare, quali prescrizioni, negli atti autorizzativi rilasciati dagli enti competenti (Regioni e Province), e da seguire nell'ambito dei controlli svolti dagli organi preposti per limitare il rischio di incidenti.

Il nuovo obbligo
L’articolo 26 bis del decreto Sicurezza obbliga i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, a predisporre un piano di emergenza interna per:
- controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l'ambiente e per i beni;
- mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti; informare adeguatamente i lavoratori e i servizi di emergenza e le autorità locali competenti;
- provvedere al ripristino e al disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente rilevante.
Gli impianti esistenti hanno tempo fino al 4 marzo 2019 per elaborare il piano di emergenza interna.

L’aggiornamento
Il piano di emergenza interna dovrà essere riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato, previa consultazione del personale che lavora nell'impianto, compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, a intervalli appropriati, e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti nell'impianto e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidente rilevante.
Il gestore trasmette al prefetto competente per territorio tutte le informazioni utili per l'elaborazione del piano di emergenza esterna. Entro 12 mesi dal ricevimento delle stesse, il prefetto, d'intesa con le Regioni e gli enti locali interessati, predispone il piano di emergenza esterna all'impianto, coordinandone l'attuazione, al fine di:
- limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti;
- mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente mediante la cooperazione rafforzata con la protezione civile;
- informare adeguatamente la popolazione e i servizi di emergenza;
- provvedere al ripristino e al disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente.

Il piano di emergenza esterna dovrà essere riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato, previa consultazione, da parte del prefetto, della popolazione, a intervalli appropriati, e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti nell'impianto e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidenti rilevanti.
Con decreto del presidente del consiglio dei ministri, d'intesa con il ministro dell'Interno per gli aspetti concernenti la prevenzione degli incendi, previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata, sono stabilite le linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna e per la relativa informazione alla popolazione.

La legge 132/2018

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