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Prime istruzioni sul decreto sicurezza - Il Viminale spiega il modello cooperativo tra centro e autonomie

di Paolo Canaparo

È stata diramata ieri dal ministero dell'Interno la direttiva sul decreto legge 4 ottobre 2018 n. 113 convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018 n. 132. Il provvedimento contiene un complesso di disposizioni, alcune delle quali richiedono, per il pieno dispiegamento della loro efficacia, l'adozione di atti amministrativi discendenti, nella forma di decreti o di direttive e linee guida. In questo senso, la direttiva preannuncia l'adozione di specifiche direttive in tema di prevenzione delle occupazioni abusive degli immobili e rimette ai dipartimenti interessati l'emanazione delle necessarie istruzioni di carattere operativo e applicativo sugli argomenti di specifica competenza, secondo una tempistica che tenga conto della necessità di assicurare immediato impulso a quelle attività che, già nel breve periodo, appaiono in grado di produrre effetti positivi, sia in chiave di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali che di complessivo rafforzamento dell'azione dello Stato e delle Autonomie locali sul territorio.

Il nuovo sistema di asilo
La direttiva evidenzia che il decreto legge ridisegna il «sistema asilo» italiano, che intende connotarsi per tempi celeri nell'esame delle relative istanze nonché per un'effettiva tutela delle persone che necessitano di protezione internazionale. La direttiva sottoliena che la «protezione umanitaria» è stata originariamente concepita quale misura residuale del sistema nazionale di protezione, rivolta a persone in condizioni di vulnerabilità ed esposte nel proprio Paese a violazione di diritti fondamentali, cui non poteva essere riconosciuto uno status “ordinario”. Nel tempo, la stessa era tuttavia divenuta una figura dai contorni indistinti, oggetto di applicazione disarmonica sul territorio, sviando di fatto dall'originaria funzione. Per questo motivo, il decreto è intervenuto enucleando alcune tipologie (tra cui alcune già previste, e ridefinite, altre desunte dalla prassi delle commissioni territoriali) di permessi di soggiorno “speciali” per esigenze di carattere umanitario, aventi durata limitata e in taluni casi convertibili ove l'interessato si sia effettivamente integrato. Con l'obiettivo di ridurre il numero di pratiche pendenti, il provvedimento ha stabilito la possibilità di ampliare, in via temporanea, la rete delle sezioni delle commissioni territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale, fino a un massimo di dieci. L'effetto atteso di questa misura – ossia ricondurre, in linea generale, nei tempi stabiliti dalla normativa vigente (articolo 27 del Dlgs 25/2008) l'esame delle nuove istanze di protezione internazionale – è rafforzato – evidenzia la direttiva - dall'insieme delle disposizioni introdotte per disincentivare la proposizione di domande pretestuose o strumentali, consentendo alle competenti Commissioni territoriali di esaminare le situazioni che, effettivamente, meritano un approfondimento. In questo senso, le procedure accelerate - previste anche in frontiera ovvero nelle «zone di transito» (con possibilità di istituire fino a ulteriori 5 sezioni delle predette Commissioni) - hanno l'obiettivo di ridurre i termini dei procedimenti, tra l'altro, in caso di «domanda manifestamente infondata» e di domande presentate, dopo che l'interessato è stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, al solo scopo di ritardare o impedire l'adozione o l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento (articolo 9, che ha modificato l'articolo 28-bis del Dlgs 25/208). Del pari, sono state individuate, quali cause di inammissibilità, la proposizione di domanda identica sulla quale è stato già espresso un diniego nonché la domanda reiterata, presentata nella fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, al solo scopo di ritardarne o impedirne l'esecuzione. In questo contesto, assume altresì rilevanza l'utilizzo di uno «strumento di semplificazione» previsto dalla normativa europea (direttiva 2013/32/Ue), ossia la lista dei «Paesi di origine sicuri», da adottarsi con decreto del Ministro degli Affari Esteri, di concerto con i Ministri dell'Interno e della Giustizia, anche in base alle informazioni fornite dalla Commissione Nazionale per il diritto di Asilo, la cui attività istruttoria è già stata avviata.
Coerentemente, la nuova cornice delineata muove dall'esigenza di segnare una netta differenziazione tra gli investimenti in termini di accoglienza e integrazione da destinare a coloro che hanno titolo definitivo a permanere sul territorio nazionale rispetto ai servizi di prima accoglienza e assistenza, da erogare a coloro che sono in temporanea attesa della definizione della loro posizione giuridica. Pertanto, il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati - Sprar - assume la nuova connotazione di Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (Siproimi), nel quale vengono assicurate le iniziative di orientamento e quei servizi “integrati” che agevolano l'inclusione sociale e il superamento della fase di assistenza, per conseguire una effettiva autonomia personale. Per le stesse finalità di integrazione sociale, coloro che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale potranno essere coinvolti nello svolgimento di attività di utilità sociale. Nulla è modificato relativamente ai minori stranieri non accompagnati che – in continuità con il passato - accedono al citato Sistema di protezione a prescindere dall'eventuale proposizione dell'istanza di protezione internazionale.

La tutela della sicurezza pubblica e il rafforzamento del modello cooperativo
La direttiva evidenzia che il decreto legge 113/2018, così come convertito dalla legge 132/2018, interviene in modo significativo su alcune delle principali aree della sicurezza pubblica, dalla prevenzione e contrasto del terrorismo al rafforzamento degli strumenti a disposizione delle Autorità provinciali di pubblica sicurezza e delle Forze di polizia nella lotta alla criminalità organizzata, dall'introduzione di nuove figure di reato che incidono sulla vivibilità delle nostre città, ai temi delle politiche per la sicurezza urbana. Si tratta di disposizioni che ribadiscono il ruolo centrale del Prefetto nelle politiche di governo della sicurezza pubblica a livello provinciale, che riconoscono un ruolo di sempre maggiore rilievo ai sindaci sui temi della sicurezza urbana, che potenziano gli strumenti a disposizione della Polizia locale, anche in relazione all'ampliamento dei contesti nei quali quest'ultima è chiamata ad intervenire. La direttiva nota che le norme del decreto definiscono in termini sempre più cooperativi il sistema di rapporti tra l'amministrazione statale e le amministrazioni locali e tra le Forze di polizia e la Polizia locale, anche e soprattutto attraverso il rafforzamento dello scambio informativo e della collaborazione operativa. Queste disposizioni, in alcuni ambiti d'intervento, sono accompagnate da specifiche previsioni preordinate, attraverso l'istituzione di nuovi Fondi o l'alimentazione di quelli esistenti, al trasferimento di risorse, in specie a favore dei Comuni – che potranno cominciare a beneficiarne, in alcuni casi, sin dall'anno in corso – ovvero al rafforzamento delle capacità assunzionali del personale della Polizia locale.

Il potenziamento degli strumenti operativi
La direttiva evidenzia poi che le misure del decreto legge n. 113, così come convertito, con modificazioni, dalla legge 132/2018, intervengono con un taglio innovativo per il potenziamento e l'incremento della qualità dell'intervento operativo delle polizie municipali, delle Forze di polizia e dell'Agenzia Nazionale per la gestione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, l'intensificazione degli strumenti operativi e preventivi in materia di lotta al terrorismo, di tutela degli esercizi pubblici e di prevenzione dei reati nel contesto urbano e la più incisiva azione nei confronti degli enti pubblici infiltrati dalla mafia, con la previsione di intervento diretto del Prefetto in caso di gravi disfunzionalità all'interno degli apparati burocratici degli enti locali. Un quadro normativo, che pone, rafforzandolo, un primo ombrello protettivo della qualità della vita delle città nella complementarietà dei poteri tra sindaci, prefetti e questori. Un'operatività potenziata e aperta alla partecipazione attiva di associazioni e componenti sociali, economiche e culturali dei territori, e dove in primo luogo i sindaci sono chiamati e sollecitati a una forte presa di coscienza e responsabilità. Specifiche disposizioni poi prevedono l'accesso al Ced interforze da parte del personale della polizia locale, nonchè la possibilità di consentire anche a quest'ultimo di utilizzare in via sperimentale armi comuni ad impulso elettrico, in analogia a quanto disposto per l'Amministrazione della pubblica sicurezza. Specifici interventi agiscono nell'ambito della prevenzione di reati connotati da profili di rilevante allarme sociale, in considerazione anche della frequenza degli stessi in questo momento storico. Si pensi, in tale contesto, all'estensione dei controlli attraverso dispositivi elettronici per particolari fattispecie di reato (maltrattamenti e stalking), alle prescrizioni in materia di contratti di noleggio per la prevenzione di atti di terrorismo, alla estensione dell'ambito di applicazione del c.d. daspo urbano, nonché per quello relativo alle manifestazioni sportive, per coloro che siano indiziati per reati di terrorismo.

La direttiva del 18 dicembre 2018

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