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Furto aggravato a chi ruba la sabbia dalla spiaggia

di Daniela Casciola

Il furto di sabbia dall'arenile comporta l'aggravante della cosa destinata alla pubblica utilità e dell'esposizione alla pubblica fede secondo quanto stabilito dall'articolo 625, comma 1, n. 7 del codice penale. Lo ha riconosciuto la Cassazione, con la sentenza n. 11158, depositata ieri, ritenendo che per il configurarsi delle circostanze aggravanti non sia necessario che il proprietario o possessore abbia intenzione di esporre il bene alla pubblica fede.

La vicenda ha per protagonisti tre individui sopresi all'alba, lungo un litorale del versante ionico della Calabria, a trasportare un carico di 15 metri cubi di sabbia marina. Fermato per un controllo, il conducente del mezzo che trasportava il bottino, riferì che si trattava degli scarti della ripulitura della spiaggia a lui e ai suoi compari regolarmente affidata. Subito dopo, messo di fronte all'evidenza dei fatti, confessò che si trattava di sabbia marina pulita, sottratta illegalmente per essere utilizzata per dei lavori edili.

I giudici iniziano col dire che l'estrazione di sabbia dal lido del mare integra il reato di furto risultando irrilevante il quantitativo asportato, a meno che non si tratti di quantità irrilevanti come quelle ad esempio utilizzate per attività ricreative. Quanto all'aggravante della cosa destinata alla pubblica utilità e dell'esposizione alla pubblica fede, la Corte ne riconosce pienamente la sussistenza dal momento che il prelievo del materiale lede, attraverso il danno idrogeologico all'arenile, la pubblica utilità o la fruibilità dei lidi marini.

La sentenza della Corte di cassazione n. 11158/2019

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