Amministratori

Niente spazio per la propaganda politica se non si dichiara di ripudiare fascismo e nazismo

di Daniela Casciola

Legittima la pretesa del Comune di una dichiarazione di impegno al rispetto dei valori costituzionali e, in particolare, di ripudio del fascismo e nazismo e di adesione ai valori dell'antifascismo da chi ha richiesto la concessione di spazi pubblici per propaganda politica ed elettorale. Lo ha stabilito la sentenza del Tar Piemonte n. 447/2019.

I fatti
La vicenda è accaduta a Rivoli la cui amministrazione, preso atto del ripetersi sempre più frequente di manifestazioni promosse da organizzazioni «neofasciste, portatrici di idee e di valori che si collocano al di fuori del perimetro costituzionale» si era impegnata a non concedere spazi o suolo pubblici a coloro i quali «non garantiscano di rispettare i valori sanciti dalla Costituzione, professando e/o praticando comportamenti fascisti, razzisti e omofobi». In particolare, subordinando «la concessione di suolo pubblico, spazi e sale di proprietà del Comune, a dichiarazione esplicita di rispetto dei valori antifascisti sanciti dall'ordinamento repubblicano».
Una cittadina, agendo «in nome e per conto di Casapound Italia», chiedeva al Comune l'autorizzazione a occupare il suolo pubblico per svolgere propaganda politica. Alla propria istanza, la richiedente allegava una dichiarazione difforme dal modello-tipo approvato dall'amministrazione omettendo, volutamente, la parte di dichiarazione relativa al «ripudio del fascismo e del nazismo» e all'adesione «ai valori dell'antifascismo». Di qui io contenzioso partito dalla contestazione che l'amministrazione non avrebbe potuto imporre ai cittadini di aderire a non meglio identificati «valori dell'antifascismo» che non sono richiamati in alcuna parte del testo costituzionale, né a «ripudiare il fascismo e il nazismo», atteso che il ripudio attinge alla sfera interna dell'individuo, che non può essere coartata dall'amministrazione in assenza di comportamenti e manifestazioni esteriori che si pongano in contrasto con le norme costituzionali e con le leggi dello Stato.

La decisione
Il Tar ha innanzitutto chierito che i valori dell'antifascismo e della Resistenza e il ripudio dell'ideologia autoritaria propria del ventennio fascista sono valori fondanti la Costituzione repubblicana del 1948, non solo perché sottesi implicitamente all'affermazione del carattere democratico della Repubblica italiana e alla proclamazione solenne dei diritti e delle libertà fondamentali dell'individuo, ma anche perché affermati esplicitamente sia nella XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, sia nell'articolo 1 della legge Scelba n. 645/1952. I principi affermati in queste norme costituiscono un limite alla libertà di manifestazione del pensiero, di riunione e di associazione degli individui, le quali non possono esplicarsi in forme che denotino un concreto tentativo di raccogliere adesioni a un progetto di ricostituzione del disciolto partito fascista.
Ciò chiarito in linea generale, il Tar ha ricordato che la disciplina dell'occupazione del suolo pubblico è demandata ai Comuni, sia in ordine alla individuazione dei presupposti che in ordine alla determinazione del canone. La legge, in particolare, non predetermina le finalità in vista delle quali può essere attribuito a privati l'uso esclusivo del suolo pubblico, ma rimette ai Comuni il potere di regolamentarle e valutarle caso per caso, in funzione della meritevolezza dell'interesse perseguito e della sua idoneità a giustificare la sottrazione temporanea del bene pubblico all'utilizzo collettivo.

La sentenza del Tar Piemonte n. 447/2019

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