Amministratori

La tutela del bene culturale deve essere preminente in concreto

di Massimiliano Atelli

Con sentenza 9 marzo 2020 n. 100, la I Sezione del Tar Friuli Venezia Giulia ha ribadito che la tutela di un bene di particolare rilievo culturale (nella specie, uno dei maggiori esempi di "villa veneta") rientra tra gli interessi tutelabili all’Amministrazione nell’esercizio dei suoi poteri di governo del territorio, senza che si imponga come necessario il riferimento alla realizzazione di una determinata opera pubblica, intesa come nuova ed autonoma edificazione.
Ciò perché, secondo un consolidato indirizzo (si veda Consiglio Stato, sez. IV, 6 maggio 2013, n. 2427 e Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710) tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico-sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati. Tra questi valori, sempre avviso dei Giudici di Palazzo Spada, rientrano altresì quelli ambientali, paesaggistici, storico-culturali, che contribuiscono a definire i caratteri propri di un determinato territorio e della sua comunità e orientarne lo sviluppo futuro.
È quindi da escludere che l’apposizione di un vincolo allo scopo di consentire la valorizzazione e la migliore fruizione, estetica e funzionale, di un complesso architettonico di riconosciuta importanza possa, per ciò solo, essere considerata una scelta illegittima. Del resto, come da risalente indirizzo del giudice delle leggi (Corte Cost. 9 maggio 1968 n. 55), senza dubbio la garanzia della proprietà privata è condizionata, nel sistema della Costituzione, dagli artt. 41 al 44, alla subordinazione a fini, dichiarati ora di utilità sociale, ora di funzione sociale, ora di equi rapporti sociali, ora di interesse ed utilità generale e il possibile ricorso a poteri di governo del territorio per tutelare un bene culturale è previsto proprio dal legislatore, che all’articolo 96 del Dlgs 42/2004 (Codice dei beni culturali), espressamente ammette l'espropriabilità per causa di pubblica utilità di edifici ed aree quando ciò sia necessario per isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l’accesso.  
Il caso
Un Comune adottava una variante al Piano Attuativo comunale del centro storico primario, costituente variante al Prgc, pianificando una serie di interventi tra cui, in particolare, la demolizione di una abitazione privata (con destinazione del suolo a verde pubblico e ad area parcheggio) e la demolizione di altro fabbricato accessorio della medesima proprietà (con possibilità di ricostruzione di un nuovo fabbricato, da eseguirsi in conformità a quanto previsto dalle norme di attuazione). Conseguentemente, l'Amministrazione comunicava alla proprietaria l’avvio del procedimento diretto all’apposizione di un vincolo preordinato all’esproprio sugli immobili di sua proprietà. La controinteressata si opponeva, evidenziando fra l'altro la mancanza di pubblica utilità delle opere.
Argomenti, spunti e considerazioni
La decisione dei giudici amministrativi del Tar Friuli Venezia Giulia persuade.
È certamente vero, infatti, che ogni esercizio dei poteri di governo del territorio che conferisca ad un’area una destinazione diversa da quella in essere implica, in termini generali, un “ripensamento” dell’Amministrazione, che può anche porsi in diretto contrasto con altre proprie precedenti determinazioni particolari (come appunto un permesso di costruire), e tuttavia è anche vero che, per valutare la legittimità dell’esercizio del potere, occorre aver riguardo agli interessi tutelati e alla razionalità delle scelte dell’Amministrazione con riferimento al caso specifico.
Il punto è che il potere di governo del territorio, proprio in considerazione della sua discrezionalità e della grande varietà di interessi pubblici e privati coinvolti, deve essere esercitato dando conto, con esauriente motivazione, degli obiettivi perseguiti e della coerenza e ragionevolezza delle misure in concreto adottate.
Non è pertanto consentito un esercizio del potere di governo del territorio giustificato solo in termini generali, cioé affermando la piena appartenenza delle scelte operate alla discrezionalità dell’Amministrazione, che legittimamente può perseguire l’obiettivo di tutelare lo ‘sfondo scenografico’ della villa e la valorizzazione delle sue prospettive. Occorre, piuttosto, un’adeguata considerazione degli elementi di fatto della vicenda concreta, specie se puntualmente enunciati dalla parte privata in sede di osservazioni e di successiva opposizione, relativi, fra l'altro, alla natura di abitazione principale della struttura da demolire, nonché all’età avanzata della persona ivi residente e alle sue condizioni di salute. 
In caso di difetto di una motivazione sufficiente sull’indispensabilità della scelta demolitoria, il provvedimento finirebbe per difettare di proporzionalità, facendo prevalere in via incondizionata l’interesse alla migliore fruizione del bene culturale – come detto perseguibile in astratto attraverso il potere esercitato, ma di rilievo non primario nella gerarchia dei valori e degli interessi costituzionalmente garantiti – sul diritto del controinteressato che, avendo ad oggetto l’abitazione principale, non può essere considerato isolatamente dai connessi valori della salute e della dignità della persona, alla stregua di un mero ius in re per ciò solo sacrificabile a fronte di un interesse generale.
Di qui, la conclusione del Tar - parimenti condivisibile - che in simili casi l'Amministrazione è tenuta a valutare la possibilità di adottare misure meno invasive per i diritti del controinteressato, quali l’effettuazione di opere idonee a rendere i fabbricati maggiormente armonici con il contesto architettonico circostante, o una loro demolizione parziale. Detto altrimenti, la situazione come sopra descritta avrebbe richiesto una ponderazione più attenta degli interessi in rilievo e una motivazione particolarmente forte e persuasiva, in particolare in punto di indispensabilità della misura demolitoria prevista.

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