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Alloggi di edilizia popolare, lo stato di indigenza non giustifica l'occupazione abusiva

di Pietro Verna

Lo stato di indigenza non è una situazione di per sé idonea a integrare la scriminante dello stato di necessità, difettando i presupposti di attualità e inevitabilità del pericolo previsti dall'articolo 54 del codice penale («Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona…»), atteso che alle persone che versano in questo stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di previdenza sociale (Corte di cassazione sentenza n. 5195/2020). In questi termini, i Supremi giudici hanno confermato la pronuncia con la quale la Corte di appello di Milano aveva escluso l'applicazione della scriminante dello stato di necessità a una signora che aveva occupato abusivamente un alloggio di edilizia pubblica residenziale di proprietà dell' azienda lombarda per l'edilizia residenziale di Milano e danneggiato il portone di accesso all'unità immobiliare.
Ragion per cui l'imputata era stata ritenuta responsabile del reato di occupazione abusiva di edifici (articolo 633 del codice penale) e condannata alla pena di mesi quattro di reclusione e al risarcimento del danno in favore della parte civile con l'assegnazione di una provvisionale di euro tremila con la motivazione che «lo stato di indigenza e la presenza di figli minori sono condizioni comuni anche ad altri nuclei in attesa di assegnazione di un alloggio popolare».
Difatti, diversamente da quanto sostenuto dai difensori dell'imputata, secondo cui l'occupazione sarebbe avvenuta in assenza di dolo, la Corte territoriale meneghina aveva accertato la sussistenza di tre elementi ostativi all'assoluzione in base all'articolo 54 del codice penale, quali la conseguenzialità tra la condotta di danneggiamento strumentale all'accesso dell'immobile e la successiva introduzione e occupazione (la difesa aveva sostenuto che l'imputata si era introdotta nell'alloggio profittando del fatto che il portone di accesso all'unità immobiliare era stato divelto da ignoti), il protrarsi dell'occupazione per oltre un quinquennio e la pregressa disponibilità da parte dell'imputata di sistemazioni alternative presso i congiunti.

l'orientamento giurisprudenziale
La Corte di legittimità ha dichiarato il ricorso inammissibile in linea con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona, non potendosi legittimare, nelle ipotesi di difficoltà economica permanente, ma non connotata dal predetto pericolo, una surrettizia soluzione delle esigenze abitative dell'occupante e della sua famiglia (Corte di cassazione sentenza n. 28067/2015).
Fermo restando che:
• l'articolo 54 del codice penale richiede che nel momento in cui l'agente agisce contra jus il pericolo sia imminente e, dunque, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio (corte di cassazione sentenza n. 3310/1981 );
• lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa, tanto più che l'edilizia popolare è destinata a risolvere le esigenze abitative dei non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate (Corte di cassazione sentenza n. 9655/ 2015, fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza della scriminante invocata dal ricorrente in ragione dello stato di gravidanza del coniuge e ha ritenuto irrilevante la circostanza che il precedente assegnatario dell'immobile lo avesse liberato in favore dell'imputato, spettando questa funzione all'ente pubblico preposto).
Senza considerare che a questo orientamento la giurisprudenza si è attenuta anche nel caso di condotta «collaborativa» da parte dell'occupante nei confronti dell'ente assegnatario. Ad esempio il Supremo Collegio ha stabilito che l'occupazione senza titolo di un alloggio dell'istituto autonomo case popolari integra il reato di invasione di edifici persino nell'ipotesi in cui l'occupante abbia presentato una istanza di assegnazione e il relativo procedimento non sia stato ancora definito (sentenza n. 12752/2011) nonché nel caso in cui «l'occupante si sia autodenunciato onde ottenere la regolarizzazione della propria posizione e abbia corrisposto il canone di locazione» ( sentenza n. 37139/2007).

Giro di boa
La pronuncia suggella l'abbandono dell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, ai fini della sussistenza dell'esimente dello stato di necessità previsto dall'articolo 54 del codice penale, rientrano nel concetto di «danno grave alla persona» non solo la lesione della vita o dell'integrità fisica, «ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali fra i quali deve essere ricompresso il diritto all'abitazione in quanto l'esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona» ( Corte di cassazione sentenza n. 35580/ 2007).

La sentenza della Corte di cassazione penale n. 5195/2020

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