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Danni da animali randagi, deve risarcirli l'ente incaricato della cattura e custodia

di Domenico Carola

Risponde di danni cagionati da animali randagi l'ente al quale è attribuito il dovere di prevenire il pericolo per l'incolumità della popolazione attraverso la cattura e la custodia degli stessi. Lo ha ribadito la Cassazione con l'ordinanza n. 6392/2020.

La vicenda
Un ciclista, in seguito all'assalto di un cane, ha perso l'equilibrio e cadendo ha sbattuto la testa su alcuni cassonetti destinati alla raccolta dei rifiuti posizionati all'interno della carreggiata, subendo lesioni. Per il risarcimento il ciclista ha convenuto in giudizio il Comune e la società di raccolta dei rifiuti. Il tribunale ha condannato il Comune al risarcimento dichiarando il difetto di legittimazione passiva della società di raccolta dei rifiuti.
Il Comune ha presentato ricorso contro la decisione e il tribunale d'appello lo ha accolto ritenendo che in applicazione della legge quadro 281/1992 è compito dell'azienda sanitaria locale provvedere alla vigilanza preventiva del fenomeno del randagismo. Al Comune non poteva quindi essere imputata alcuna responsabilità in quanto allo stesso per legge spetta solo il compito di realizzare e garantire la presenza di strutture idonee per il ricovero e la custodia dei cani. Anche la presenza dei cassonetti sulla carreggiata non comportava responsabilità del Comune in quanto non avevano avuto alcun ruolo causale nella caduta perché la caduta si sarebbe verificata ugualmente anche in assenza degli stessi e le lesioni sarebbero state le stesse se al loro posto vi fosse stata un'auto o un altro veicolo in sosta. Il ciclista ha fatto ricorso per Cassazione

La decisione
Gli Ermellini hanno ritenuto infondato il ricorso ribadendo che la responsabilità civile per i danni cagionati dai cani randagi spetta all'ente che deve prevenire il pericolo per l'incolumità pubblica. Nello specifico a risponderne è l'ente o gli enti a cui, secondo le leggi regionali che danno attuazione alla legge quadro nazionale è attribuito il dovere di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti e randagi.
La legge della Regione Calabria ha attribuito questo dovere di prevenzione al servizio veterinario istituito presso le unità sanitarie locali, ora aziende locali. Inoltre la Corte ha applicato in modo corretto la richiesta di responsabilità per danno in custodia, accertando l'inesistenza del nesso tra la cosa, ovvero i cassonetti e la caduta del ciclista, nesso comunque necessario anche per affermare la responsabilità per risarcimento da fatto illecito. L'irrilevanza causale della posizione dei cassonetti rende pertanto irrilevante ogni indagine sulla condotta del Comune in merito.
Non è quindi possibile riconoscere una responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell'ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura e alla custodia degli animali randagi, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all'attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all'ente, e della riconducibilità dell'evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di questa condotta obbligatoria, ad esempio perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell'animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell'ente preposto.

L'ordinanza della Corte di cassazione n. 6392/2020

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