Amministratori

Orario di lavoro, i tempi dell'emergenza mettono a rischio le relazioni sindacali

di Consuelo Ziggiotto

La graduale riapertura delle attività produttive e commerciali richiede un riallineamento nella disponibilità dell'azione amministrativa, relegata a partire dal 12 marzo, alle attività indifferibili da rendere necessariamente in presenza. Occorre ripopolare parzialmente gli uffici, preservando esigenza di servizio e sicurezza dei lavoratori, ma il tempo è poco, e il rischio di tensioni con le parti sindacali, in relazione alle nuove articolazioni dell'orario di lavoro è reale.

Le cose iniziano davvero a cambiare. Lo abbiamo letto nelle indicazioni fornite dalla Funzione pubblica nella direttiva n.3/2020 che ha anticipato i tempi delle norme. Lo si legge, ora, a chiare lettere nel decreto anticrisi nell'ambito delle disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico agile, a conferma che, finalmente, siamo in una fase in cui, la velocità di diffusione del virus non supera quella della produzione normativa.

Le cose però non sono cambiate al punto da consentire una diversa configurazione del lavoro agile, che rimane la modalità ordinaria con la quale prestare l'attività lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, questo almeno fino a quando un prossimo Dpcm non decreterà la fine di questo modus operandi fissato dal decreto «Cura Italia».

D'altra parte la pubblica amministrazione è rimasta spettatrice di una chiusura che non l'ha mai riguardata integralmente come ha riguardato le attività produttive o professionali. I servizi pubblici essenziali non sono mai stati sospesi, e questa è stata la primaria ragione della necessità di individuare nello smart working una misura contenitiva "alternativa" alla sospensione.

Ora però è necessario adeguare l'azione amministrativa, modulandola alle crescenti esigenze dei cittadini, mosse dall'allentamento delle misure, organizzando un intelligente rientro dei lavoratori che garantisca sicurezza negli ambienti lavorativi.

Il ruolo cruciale è demandato nuovamente alla dirigenza alla quale vanno assicurate adeguate forme di aggiornamento in questo ambito.

E come nella progettualità del lavoro agile al di fuori dell'emergenza, il legislatore invitava a valutare la proattività verso queste formule organizzative, anche ai fini della performance individuale dei dirigenti, anche in questo momento in cui, devono essere fatti prevalere contesti flessibili, modulabili, malleabili, l'attuazione di questi modelli organizzativi nuovi è oggetto di valutazione ai fini della performance.

I primi suggerimenti vanno ricercati nel protocollo di accordo per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici del 3 aprile, dove si invitava a organizzare una rimodulazione dell'organizzazione del lavoro da rendere in presenza. Oggi più che mai, tenuto conto di una nuova e maggiore presenza in servizio.

Le formule sono diverse, riguardano un utilizzo, anche cumulativo, degli strumenti giuridici contrattuali che consentono una diversificata articolazione dell'orario di lavoro che risponda alle crescenti esigenze di servizio da soddisfarsi e alla esigenza di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e degli utenti.

Nuove articolazioni orarie, piani di rotazione, orari di ingresso e uscita scaglionati per evitare assembramenti, appuntamenti cadenzati per l'erogazione dei servizi al pubblico. Tutto questo individuando soluzioni che non incidano sugli aspetti retributivi dei dipendenti e promuovendo modalità di comunicazione e di confronto con le organizzazioni sindacali, con il rischio di inciampare in una tempistica da rispettarsi, quella dei 30 giorni del confronto, che diventerebbe ostacolo non tollerato da bisogni crescenti di risposte veloci.

Le soluzioni proposte non devono incidere sugli aspetti retributivi dei dipendenti e vanno individuate, si legge nel protocollo di accordo, promuovendo modalità di comunicazione e di confronto con le organizzazioni sindacali. Il datore di lavoro si deve fare promotore rapido di soluzioni organizzative, tuttavia, le tempistiche del confronto disciplinato all'articolo 5 del contratto 21 maggio 2018, appaiono poco ergonomiche alla velocità di reazione richiesta negli ultimi mesi dalle norme di nuova introduzione. I 30 giorni diventano senza dubbio un ostacolo non tollerato dai bisogni crescenti di risposte veloci. Se da un lato occorre quindi garantire il dialogo approfondito, dall'altro è primario agire con tempestività nel rispetto dell'esigenza di servizio primaria che richiede di essere soddisfatta e nel rispetto della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, senza dimenticare che, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici, è demandata dall'articolo 5, comma 2, del Dlgs 165/2001 al dirigente che la agisce con i poteri del privato datore di lavoro, nel rispetto delle relazioni sindacali, ma, se afferente l'articolazione dell'orario di lavoro, ove non vi sia l'accordo, rientrando la materia nella prerogativa datoriale.

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