Amministratori

Comune sempre obbligato a compartecipare ai costi delle rette nelle residenze assistenziali

di Amedeo Di Filippo

L'obbligo a carico del Comune di assumere gli adempimenti connessi al ricovero di residenti sorge nel momento in cui la situazione economica della persona assistita si deteriora a tale punto da non potersi permettere di corrispondere la retta con le proprie risorse economiche. L'obbligazione di assistenza a carico del comune sorge in considerazione soltanto delle condizioni oggettive e soggettive del soggetto bisognoso, senza che possa avere alcuna rilevanza la relativa eziologia. Lo afferma il Tar Lombardia con la sentenza n. 697/2017.

Il fatto
Il tutore e alcune associazioni hanno impugnato la lettera con la quale il Comune ha ridefinito la compartecipazione del privato al pagamento della retta per il ricovero in una Residenza sanitaria assistenziale (Rsa) a seguito dell'approvazione del nuovo regolamento, contestando la soglia di 5mila euro al di sotto della quale si prevede l'intervento comunale. I ricorrenti contestano inoltre l'approvazione unilaterale e in via autoritativa del regolamento senza che alle associazioni di settore fosse consentito di esprimersi; il mancato collegamento tra pagamento della quota e Isee; la somma massima di 100 euro mensili per le minute spese del ricoverato; le regole dell'intervento del Comune nel caso in cui il richiedente non sia in grado di pagare la retta con le proprie sostanze.

L'obbligo del Comune
Citando l'articolo 38, primo comma, della Costituzione e l'articolo 6, comma 4, della legge n. 328/2000, il Tar rileva che l'obbligo a carico del Comune sorge nel momento in cui si verificano le condizioni per procedere alla erogazione del contributo, ossia quando la situazione economica della persona assistita si deteriora a tale punto da non potersi permettere di corrispondere la retta con le proprie risorse economiche.
Sia l'accesso che la compartecipazione al costo delle prestazioni devono essere stabiliti avendo come base la disciplina statale sull'indicatore della situazione economica equivalente (Isee). Il «minimo vitale», cioè di quella parte del reddito personale che non deve essere computato ai fini della determinazione della compartecipazione, deve essere determinato dal Comune ma questa discrezionalità non è assoluta.

Beni e minute spese
Si contesta il regolamento nella parte in cui esclude dal beneficio coloro che abbiano trasferito, nei due anni precedenti la domanda, a qualsiasi titolo l'abitazione principale o altro immobile. Rileva il Tar che l'obbligazione di assistenza sorge in considerazione soltanto delle condizioni del soggetto bisognoso (stato di necessità e assenza di mezzi propri), senza che possa avere alcuna rilevanza la relativa eziologia, che non è mai idonea a scriminare la responsabilità del civilmente obbligato: a impegnare gli obbligati, congiunti o ente pubblico, è lo stato oggettivo di necessità, per nulla influenzato dalla causa del suo insorgere.
Il regolamento viene censurato anche nella parte in cui definisce il limite massimo alla quota mensile per le minute spese del ricoverato, la cui entità deve essere indicata nel progetto individuale del ricoverato.

Le illegittimità
Dichiarato illegittimo il regolamento nel punto in cui impone al richiedente una previa concertazione circa la struttura appropriata presso la quale ricoverarsi al fine di ottenere l'integrazione economica della retta da parte del Comune, posto che sia la legge n. 328/2000 che la legge regionale garantiscono la libertà di scelta dell'assistito, salvo il limite dell'appropriatezza, che peraltro compete all'autorità sanitaria. Illegittimo anche nella parte relativa all'obbligo di mantenere liquido ed esigibile il patrimonio necessario al pagamento della retta, in quanto l'obbligazione del privato ha titolo diverso da quella del Comune e intercorre tra soggetti diversi, per cui l'ente locale non può definirne il contenuto o stabilire forme di garanzia patrimoniale.
È infine illegittima la parte in cui definisce il limite massimo mensile del contributo, in quanto l'articolo 38, primo comma, della Costituzione, nello stabilire che lo Stato deve garantire il mantenimento e l'assistenza sociale ai soggetti indigenti e inabili allo svolgimento di una proficua attività lavorativa, definisce un'obbligazione di risultato e non di mezzi e, come già evidenziato, lo stato oggettivo di necessità non è influenzato né dalla causa del suo insorgere, né dalla misura necessaria a garantire un'esistenza libera e dignitosa.

La sentenza del Tar Lombardia n. 697/2017

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