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Revisione dei ticket: la sanità equa ed efficiente

Le recenti dichiarazioni del Ministro Lorenzin sul tema della revisione dei ticket danno lo spunto per un dibattito su uno dei cardini della sanità pubblica. Il punto è coniugare i principi di equità e solidarietà nell’accesso alle cure con la sostenibilità economica del sistema pubblico. Ticket ed esenzioni sono storicamente il cuore di questo snodo in quanto costituiscono il meccanismo di compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie da parte dei cittadini, conpartecipazione che, in linea di principio, e per motivi appunto di equità e di solidarietà, non è prevista per chi ha patologie particolarmente significative e/o per le fasce economicamente più deboli. Tutto ciò, in linea con il dettato costituzionale che – ricordiamolo – prevede cure gratuite solo agli indigenti.

Gli effetti dell’abolizione dei ticket
La proposta di abolire i ticket sembra nascere da esigenze di ricerca del consenso, ma anche dalla necessità di non porre il SSN “fuori mercato”. Soprattutto per alcune tipologie di prestazioni e in alcune aree del Paese, infatti, il gettito da ticket su prestazioni di specialistica e diagnostica si è contratto, mentre la spesa sanitaria privata-privata delle famiglie è cresciuta, sia in generale, sia con riferimento a tali aree di prestazioni. Ciò perché le prestazioni fornite da operatori privati, oggi, costano come o meno del ticket e, in aggiunta, non hanno liste d’attesa, dettaglio da non trascurare.
Il punto è che la revisione/sforbiciata ai ticket, che richiederebbe risorse importanti, non determinerebbe un cambiamento di assetto del Servizio pubblico né, tantomeno, un incremento di efficienza. Anche dal punto di vista dell’equità, tale proposta richiede perciò un’attenta riflessione. La riduzione/abolizione dei ticket avrebbe l’effetto di riportare sul SSN una parte importante delle prestazioni offerte dal mercato, con il rischio di allungare liste di attesa già oggi consistenti. Nel concreto, i cittadini avrebbero benefici reali tutti da verificare (se la prestazione è gratuita ma non fruibile a breve, essi sarebbero costretti a tornare sul mercato privato) ma il costo per la fiscalità generale, questo chiaramente verificabile, sarebbe salato, fino a 3 mld di euro l’anno. L’abolizione dei ticket, quindi, sembra una falsa risposta che non affronta né i temi dell’efficienza né quelli dell’equità del SSN. Cosa fare allora? Riprendendo lo spirito della carta costituzionale, equità e sostenibilità economica del SSN potrebbero essere meglio promosse secondo due direttrici.

Le due direttrici
Da un lato, attraverso una riforma che punti a passare dal vigente sistema dei ticket - che studi accreditati confermano concentrarsi solo sul 30% della popolazione - a forme più diffuse e articolate di compartecipazione alla spesa, in linea con criteri di salvaguardia dei redditi bassi, delle patologie gravi/rare e delle emergenze sanitarie e con controlli seri sul rispetto di tali criteri.
Si tratterebbe, quindi, non di abolire il meccanismo dei ticket ma di allargare la platea di chi deve parteciparne al costo, anche attraverso una riorganizzazione del sistema delle esenzioni, riducendo l’impatto del ticket sulla singola prestazione.
Dall’altro, per compensare l’impatto derivante da un allargamento della platea interessata, sarebbe necessario promuovere un maggiore sviluppo dell’assistenza sanitaria complementare. Si tratterebbe di fornire, tendenzialmente a tutta la popolazione italiana, uno strumento mutualistico e solidaristico che avrebbe fra le sue funzioni quella di introdurre una cultura della previdenza sanitaria nei cittadini e che dovrebbe coprire prioritariamente il costo delle compartecipazioni/ticket. Tale secondo pilastro sarebbe finanziato con la spesa privata attuale già pagata dai cittadini (35-40 mld, oltre 600 euro l’anno pro capite), spesa alimentata, in parte rilevante, dalla contrattazione sul lavoro.
Lo sviluppo del secondo pilastro andrebbe sostenuto prevedendo benefici fiscali per cittadini/lavoratori e imprese che sarebbero indirettamente finanziati anche attraverso le maggiori entrate derivanti dalla revisione del sistema di compartecipazione alla spesa.
La creazione, su tali basi, di un secondo pilastro sanitario, con una migrazione dall’out of pocket individuale ad una spesa privata organizzata, contribuirebbe ad accrescere efficacia ed efficienza complessiva sia del sistema pubblico sia dell’offerta privata, in quanto promuoverebbe lo sviluppo dei privati mettendoli maggiormente in condizione di dialogare con erogatori pubblici e privati su basi competitive, e al contempo, accrescerebbe le risorse a disposizione del SSN.
Mi sembra questa un'idea più completa di restyling del SSN sulla quale Confindustria è interessata a dialogare con le forze più innovative della società italiana e con chi, davvero, ha a cuore la sanità pubblica e la sua sopravvivenza.

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