Amministratori

La maggior durata della prova orale, se non abnorme, non può invalidare l'esame

di Massimiliano Atelli

Con la sentenza n. 3693 del 26 luglio 2017, la VI Sezione del Consiglio di Stato ha affermato che, nelle prove orali, se il mancato rispetto del tempo minimo sufficiente perché il candidato sia correttamente valutato può, in talune ipotesi, ridondare nell’illegittimità del giudizio espresso dalla Commissione, l’eventuale maggiore durata della prova orale - purché non sia abnorme (nella specie, il colloquio si era protratto per un’ora e trenta minuti sui 50 minuti massimi previsti) - intende piuttosto favorire lo studente esaminato che abbia dimostrato incertezze espositive, in quanto consente alla Commissione di valutare in maniera più approfondita la sua reale preparazione.

Il caso
Una candidata all'esame di maturità otteneva la promozione, ma con voti più bassi di quelli attesi. Impugnava perciò l'esito finale, deducendo l’illegittimità degli atti conclusivi dell’esame di stato sostenuto, sollevando numerose censure, fra cui la circostanza che la prova orale era durata un’ora e trentacinque minuti, nonostante il limite massimo di cinquanta minuti al cui rispetto la Commissione si era auto-vincolata.

Argomenti, spunti e considerazioni
La decisione del Consiglio di Stato persuade appieno.
La maggior durata della prova orale - che non arrivi a raggiungere picchi illogici - è univocamente indice di disponibilità verso il candidato, e favorisce la possibilità, per lo stesso, di esprimere quel che sa. Non può perciò essere dedotta come vizio in caso di esito giudicato soggettivamente insoddisfacente, per di più, a promozione conseguita. E' semplice buon senso, e la decisione dei giudici di Palazzo Spada va nella direzione giusta.

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