Amministratori

Vittime del dovere, «sì» ai benefici di legge anche al parente di camorristi estraneo ai fatti

di Guido Befani

È illegittimo il diniego di concessione dei benefici riconosciuti dalla legge n. 302/1990 per le vittime del dovere, motivato in base ad un semplice rapporto di parentela con appartenenti alla criminalità organizzata. È quanto afferma la terza sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5641/2017.

La decisione
Nel respingere l’appello proposto dal ministero dell’Interno, il Collegio ha avuto modo di rilevare come risulti dagli atti che il 13 settembre 1982 l’originario istante rimase vittima, unitamente al Procuratore della Repubblica di Avellino, di un gravissimo agguato camorristico mentre conduceva, nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali, l’autovettura blindata a bordo della quale viaggiava il Procuratore. Dall’analisi degli atti, infatti, sarebbe emerso che la vettura venne raggiunta da un centinaio di colpi d’arma da fuoco e i due rimasero gravemente feriti e che proprio la condotta tenuta dall’originario istante nel contesto specifico contribuì a salvare la vita allo stesso Procuratore. Per il tentato omicidio vennero condannati, tra gli altri, dei cugini dell’odierno appellato e proprio questo legame di parentela ha costituito la ragione che ha indotto il ministero a respingere i benefici previsti per le cosiddette vittime del dovere, in pretesa applicazione dell’articolo 2-quinquies del decreto legge n. 151/2008. Per il Collegio, tuttavia, i benefici previsti dalla legge n. 302/1990 sono accordati a condizione che: a) il soggetto leso non abbia concorso alla commissione del fatto delittuoso lesivo ovvero di reati che con il medesimo siano connessi […]; b) il soggetto leso risulti essere del tutto estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali […]; c) il beneficiario non risulti coniuge, convivente, parente o affine entro il quarto grado di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento per appartenenza alla criminalità organizzata. A giudizio del Collegio, pertanto, la ulteriore condizione ostativa sub c) è stata individuata dal legislatore solo per i familiari superstiti, perché, come si evince dalla stessa ratio della legislazione invocata, l’impianto normativo impone delle condizioni eccezionali che valgano ad escludere anche il più lontano sospetto che i benefici economici possano ridondare in favore degli stessi ambienti criminali combattuti e osteggiati.

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che nel caso di specie la vittima superstite, oltre ad essere totalmente estranea ad ambienti e logiche criminali, svolgeva al momento dell’agguato una funzione istituzionale di contrasto alle associazioni criminali (autista di un magistrato sottoposto a particolari misure di protezione), che lo ha messo in condizione di rischiare la propria vita e lo ha altresì indotto a compiere azioni tali da salvare persino la vita altrui. In nessun atto, quindi, si adombrano sospetti di vicinanza agli ambienti criminali organizzati, né si indicano elementi concreti, o rapporti, che possano minimamente offuscare la limpidezza e la significatività del comportamento della vittima, prima, durante e dopo i fatti.

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