Amministratori

Non commette reato l'ospite che continua a occupare la casa popolare dopo il decesso dell'assegnatario

di Domenico Irollo

Non configura il delitto di invasione di edifici previsto e punito dall'articolo 633 del codice penale la condotta di chi abbia convissuto in una casa dello Iacp, locata al proprio genitore, e dopo il decesso di quest'ultimo, abbia continuato ad abitarla, ancorché senza titolo. Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 30383/2018, che ha così riformato la pronuncia della corte territoriale di Napoli che in appello aveva invece confermato la condanna inflitta in prime cure a un uomo che, successivamente alla morte del padre, aveva proseguito l'occupazione dell'alloggio già condiviso con il defunto – seguitando peraltro a versare regolarmente il canone di affitto – nonostante l'ente proprietario dell'immobile avesse negato la «voltura» del contratto in suo favore.

Il caso
Ai fini della condanna, le corti di merito avevano valorizzato proprio la circostanza della mancata concessione della voltura e quindi la volontà contraria dello Iacp a proseguire il rapporto di locazione con il figlio del legittimo assegnatario dell'appartamento. Gli Ermellini hanno al contrario evidenziato che ciò che rileva sotto il profilo penalistico è piuttosto l'arbitraria “invasione” dell'unità immobiliare di cui non si ha già il possesso o la detenzione; a questo riguardo, nella fattispecie l'imputato aveva invece fornito elementi a dimostrazione della sua pregressa convivenza con il congiunto assegnatario, elementi di prova che non erano stati confutati dai giudici di merito. Da qui l'annullamento del verdetto di condanna e il rinvio alla Corte d'appello partenopea per un nuovo giudizio.

L'elemento oggettivo del reato
In definitiva, la condotta tipica del delitto di invasione di edifici consiste nell'introduzione «dall'esterno» in un immobile altrui senza l'autorizzazione del legittimo detentore, al fine di occuparlo arbitrariamente. Non incorre pertanto nell'illecito colui che fin da prima della morte, del trasferimento o dello sfratto del regolare assegnatario di una casa Iacp sia stato da questi ospitato nell'immobile e che dopo questi eventi continui ininterrottamente a viverci, non rilevando in questa evenienza l'insussistenza nei suoi confronti delle condizioni richieste per l'assegnazione dell'alloggio, circostanza che può valere ai fini amministrativi o civilistici, ma non sul piano del diritto penale.
A tal proposito, giova rimarcare che non esiste nessun rapporto di specialità rilevante in base all'articolo 9 della legge 689/1981 – potendo dunque le due fattispecie sanzionatorie concorrere – tra l'ipotesi disciplinata dall'articolo 633 del codice penale e l'ipotesi prevista dall'articolo 26, quarto comma, della legge 513/1977 con la quale il Legislatore ha inteso tutelare l'edilizia residenziale pubblica con sanzioni amministrative a carico di «chiunque occupi un alloggio di edilizia residenziale pubblica senza autorizzazioni previste dalle disposizioni in vigore». Queste ultime sanzioni non sono difatti poste a salvaguardia dell'inviolabilità del patrimonio immobiliare pubblico o privato nei confronti di atti diretti a violare il rapporto esistente tra i beni ed i loro possessori, ma hanno come fine l'evitare del consolidarsi di talune situazioni in contrasto con la legittima distribuzione degli alloggi agli aventi diritto attraverso comportamenti di mera occupazione, che può anche non essere arbitraria, ma soltanto irregolare, come appunto verificatosi nel caso deciso dalla Suprema Corte con la pronuncia in rassegna.

La sentenza della Corte di cassazione n. 30383/2018

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