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Unioni civili, la scelta del cognome comune non modifica la scheda anagrafica

di Daniela Casciola

Viene registrata negli atti dello stato civile ma non modifica la scheda anagrafica individuale, nella quale rimane il cognome precedente alla costituzione dell'unione civile. Ha deciso così la Corte costituzionale valutando, per la prima volta, la legittimità della disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso per quanto attiene al cognome comune scelto dalle parti.

Il caso
La questione del cognome comune assunto dalle parti unite civilmente nel periodo compreso fra la data di emanazione della legge sulle unioni civili e quella dei decreti di attuazione, è stata portata davanti alla Corte costituzionale dal Tribunale di Ravenna. Mentre infatti il cosiddetto decreto ponte varato a luglio di due anni fa per permettere l'applicazione immediata della norma prevedeva che l'assunzione del cognome comune incidesse sulla scheda anagrafica, e quindi su documenti e codice fiscale, i decreti attuativi emanati dal governo a gennaio 2017 non prevedono la loro variazione. E quindi comportano che i figli delle coppie dello stesso sesso non possano adottare il cognome comune delle madri o dei padri.

La decisione
La Corte ha ritenuto che la funzione del cognome comune − come cognome d'uso senza valenza anagrafica − non determini alcuna violazione dei diritti al nome, all'identità e alla dignità personale. È legittima, quindi, la disposizione dell'articolo 3 del Dlgs n. 5 del 2017 dove prevede che la scelta del cognome comune non modifichi la scheda anagrafica individuale, nella quale rimane il cognome precedente alla costituzione dell'unione. Resta fermo che la scelta effettuata viene invece iscritta negli atti dello stato civile, in base all'articolo 63, primo comma, lettera g-sexies), del Dpr n. 396 del 2000.
La Corte ha ritenuto, inoltre, che ciò realizzi il coerente sviluppo dei principi posti dalla legge delega n. 76 del 2016, attraverso l'adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile alle previsioni della legge sulle unioni civili.
Ne consegue la legittimità dell'annullamento delle modifiche anagrafiche intervenute prima dell'adozione del Dlgs n. 5 del 2017. La dichiarata transitorietà del Dpcm n. 144 del 2016 e la brevità del suo orizzonte temporale portano a escludere che le novità introdotte da questa fonte di rango secondario abbiano determinato «l'emersione e il consolidamento di un nuovo tratto identificativo della persona».

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