Amministratori

La revoca dell’accoglienza deve specificare la gravità del comportamento «non consono alla vita di comunità»

di Ulderico Izzo

Il carattere sanzionatorio della revoca delle misure di accoglienza nei confronti dello straniero (revoca che incide notevolmente sulla posizione del richiedente asilo), esige uno sforzo motivazionale frutto di un’attenta e ponderata istruttoria che, lungi dal risolversi in formule stereotipe e vuote meramente ripetitive del dettato legislativo, specifichino la gravità del comportamento violento asseritamente tenuto dallo straniero.
È questo il principio enunciato dal Tar Lazio con la sentenza n.49 depositata lo scorso 4 gennaio.

Il fatto
Il Prefetto della Capitale, con proprio decreto ha revocato le misure di accoglienza nei confronti di uno straniero richiedente asilo, sulla base della relazione del centro ospitante dalla qualesi evinceva che l’ospite aveva messo in atto comportamenti non consoni alla vita di comunità.
Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al Tar Capitolino, il quale, con la sentenza in rassegna, lo ha annullato.

La decisione
Il Tar Roma ha calibrato la decisione sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale relativo al procedimento di revoca delle misure di accoglienza, come stabilito dalla disposizione legislativa di riferimento contenuta nell’articolo 23 del Dlgs 142/2015.
La giurisprudenza amministrativa, sin dalla prima applicazione delle misure di accoglienza, ha sempre affermato che il provvedimento di revoca debba essere il frutto di un'attenta e ponderata istruttoria che, lungi dal risolversi in formule stereotipe e vuote meramente ripetitive del dettato legislativo, specifichino la gravità del comportamento violento asseritamente tenuto dallo straniero.
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato non individuava in alcun modo i comportamenti non consoni che avrebbe posto in essere lo straniero, né tantomeno i medesimi comportamenti sono stati chiariti dalla Prefettura all’esito delle richieste istruttorie avanzate dal collegio giudicante; da tale comportamento il Giudice non può desumere a sua volta ulteriori argomenti di prova.

Conclusioni
Le ipotesi di revoca delle misure di accoglienza previste dall’articolo 23 del Dlgs n. 142/2015 hanno carattere sanzionatorio dell’inadempimento alle condizioni di fruizione da parte dello straniero e sono cosa diversa dalla cessazione delle misure, correlata alla conclusione del procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato, al quale le misure sono funzionali.
Il Tar ha riscontrato la carenza di un elemento fondamentale del provvedimento amministrativo ovvero la carenza della motivazione, cosa che rappresenta, a partite dalla riforma del 1990, uno dei pilastri portanti della legittimità provvedimentale.

 

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