Amministratori

Discriminatorio il regolamento comunale che esclude gli extracomunitari dal contributo per l'affitto

di Federico Gavioli

La Corte di cassazione, con la sentenza n.1848/2019, ha respinto il ricorso di un Comune contro la sentenza della corte territoriale in cui si dichiara discriminatorio il regolamento comunale che di fatto esclude i cittadini extracomunitari dal contributo per l'affitto.

Il caso esaminato
La Corte d'appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato un ente locale a pagare ad alcuni cittadini extracomunitari ricorrenti le ulteriori somme, oltre quelle già riconosciute dal Tribunale, a titolo di saldo del contributo integrativo per l'affitto.
La Corte ha riferito che il Tribunale aveva dichiarato il carattere discriminatorio del regolamento del Comune opponente, nella parte in cui escludeva dall'accesso al fondo per contributo integrativo all'affitto, istituito nel 2009, i residenti non aventi cittadinanza comunitaria , ordinando all'ente di estendere il beneficio anche a questi ultimi, riaprendo i termini per la presentazione delle loro domande. Il Comune ha, quindi, riproporzionato il contributo alla luce del più alto numero di aventi diritto, subordinando la corresponsione agli extracomunitari al recupero delle somme eccedenti già pagate agli originari aventi diritto cittadini comunitari.
Secondo la Corte d'appello anche questa decisione non era corretta: attendere l'esito incerto delle procedure di recupero equivaleva a disattendere l'obbligo di rimuovere la discriminazione. La Corte territoriale ha, quindi, condannato il Comune al pagamento degli ulteriori importi dovuti.

La motivazione del ricorso
Il Comune ha contestato che la sentenza gli imponeva unicamente di eliminare dal regolamento “fondo affitti” la clausola discriminatoria e di riaprire i termini per la presentazione delle domande, dandovi adeguata pubblicità, e che non è controverso che tali obblighi siano stati rispettati. Il Comune ritiene che, stante l'impossibilità di conseguire maggiori disponibilità per il fondo se non a prezzo del proprio dissesto finanziario, e non potendosi, a saldi invariati, dare esecuzione al provvedimento giurisdizionale se non tramite recupero dei contributi già illegittimamente versati nel 2009 ai soli cittadini comunitari, era necessario sia rideterminare gli importi delle erogazioni dovute, sia subordinare le nuove erogazioni alla ripetizione di quelle in precedenza effettuate in eccesso.

L'analisi della Cassazione
Per la Cassazione il ricorso del Comune è infondato e le censure con le quali il Comune ha contestato il suo obbligo di pagamento immediato, evidenziando la piena legittimità della delibera che subordinava il versamento del contributo dovuto ai cittadini extracomunitari al parziale recupero delle somme già erogate, risultano palesemente inammissibili.
Il giudici del merito sul presupposto hanno in proposito osservato che il credito andava liquidato nella medesima misura in cui il Comune, ripartendo il fondo fra i cittadini comunitari, lo aveva già riconosciuto esistente in favore di costoro, in quanto l'erogazione di un contributo inferiore avrebbe comportato il permanere del trattamento discriminatorio.
Per la Cassazione la ratio decidendi della sentenza risiede , dunque, nel rilievo dell'inesistenza di un potere discrezionale dell'amministrazione comunale di rideterminare il contributo al ribasso una volta che i fondi stanziati erano già stati interamente erogati: ciò, del resto, perché, secondo quanto già accertato dal primo giudice l'ammissione dei richiedenti al beneficio integrava fatto costitutivo di un vero e proprio loro diritto di credito, la cui effettiva consistenza era stata definita allorché il Comune, dando esecuzione al proprio obbligo, aveva provveduto al pagamento.

La sentenza della Corte di cassazione n. 1848/2019

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