Amministratori

Servizio sanitario regionale, obbligo di motivazione per le prescrizioni specialistiche individuali

di Emanuele Guarna Assanti

L’articolo 3 della legge sul procedimento amministrativo, pur introducendo un obbligo di motivazione per i provvedimenti amministrativi, espressamente esclude gli atti normativi e quelli a contenuto generale. Ne consegue che, tranne i casi nei quali è esigibile una specifica motivazione in ragione della immediata e diretta incidenza su specifiche posizioni giuridiche, l’onere di motivazione gravante sull’Amministrazione in sede di adozione degli atti normativi o a contenuto generale risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette.
È quanto ribadisce il Tar Puglia, sede di Lecce, con sentenza 17 gennaio 2019, n. 73.

La vicenda
Propongono ricorso al Tar Puglia alcune strutture operanti in campo odontoiatrico per l’ambito territoriale della Asl di Lecce.
Al fine di dare attuazione al Dm 9 dicembre 2015, con cui il Ministero della Salute ha individuato le condizioni socio-economiche che concretamente impediscono l’accesso alle cure odontoiatriche nelle strutture private, la Regione Puglia approvava, con due delibere, il proprio programma di assistenza odontoiatrica, intervenendo così sul previgente Regolamento regionale concernente le indicazioni cliniche specifiche per l’erogazione di prestazioni specialistiche.
La Regione da un lato confermava le due tipologie di utenza destinatarie delle prestazioni, ovvero soggetti in età evolutiva e soggetti in condizione di vulnerabilità e, dall’altro, ridefiniva i criteri di vulnerabilità sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista reddituale.
Le censure proposte avverso il Regolamento regionale che sostanzialmente restringeva la platea dei destinatari che poteva fruire del servizio, attenevano principalmente alla violazione delle norme costituzionali relative al riparto di competenze Stato-Regioni (art. 117, commi 3 e 4, Cost.), violazione del diritto alla salute e, infine, violazione dell’obbligo di motivazione di cui alla legge 241 del 1990.

La decisione
Il giudice amministrativo accoglie il ricorso.
Innanzitutto stabilisce che non si tratta, nella specie, di un problema di rispetto dei commi 3 e 4 dell’articolo 117 della Costituzione, i quali attengono agli atti legislativi e non a quelli amministrativi generali, giacché il decreto ministeriale lascia ampi margini di scelta alla Regione circa la individuazione delle categorie sociali interessate e le relative modalità di individuazione.
Accoglie però il motivo concernente il vizio di motivazione. Secondo costante giurisprudenza, infatti, l’articolo 3 della legge 241/1990 espressamente esclude dall’obbligo di motivazione gli atti normativi e quelli a contenuto generale, tranne nei casi in cui si indica direttamente su specifiche posizioni giuridiche, come accaduto proprio nel caso di specie, incidendo le delibere impugnate sui destinatari delle prestazioni sanitarie, restringendone la platea, e senza l’indicazione dei profili generali posti a base delle scelte operate. 

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