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Coronavirus - Assistenza domiciliare agli studenti disabili, salta l'obbligo di pagamento per i Comuni

di Amedeo Di Filippo

La conversione in legge del Dl «Cura Italia» consente di fare chiarezza sulla gestione del servizio di assistenza agli studenti disabili, di competenza comunale, per il quale i soggetti gestori, con il supporto delle Regioni, hanno chiesto la liquidazione delle fatture per il periodo di sospensione anche se il servizio non è stato reso.

La norma
In principio fu l'articolo 48, che nella versione tradotta in legge del «Cura Italia» mantiene l'obbligo per le amministrazioni pubbliche, durante la sospensione dei servizi educativi e delle attività sociosanitarie e socioassistenziali nei centri diurni per anziani e per persone con disabilità, di fornire «prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o rese nel rispetto delle direttive sanitarie negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi senza creare aggregazione». Questi servizi si possono svolgere secondo priorità individuate dall'ente competente, tramite coprogettazioni con i gestori, impiegando i medesimi operatori e fondi destinati a tale finalità adottando specifici protocolli. A queste condizioni, le amministrazioni sono autorizzate a pagare i gestori tutto l'importo iscritto nel bilancio preventivo, così consentendo la cessazione dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga.
Cooperative sociali e sindacati sono già partiti lancia in resta per chiedere l'immediato pagamento dell'intero importo per il periodo di sospensione, assumendo che la norma ha carattere vincolante e non può essere derogata dalle Pa. A questa richiesta hanno fatto sponda alcune Regioni, come per esempio l'Umbria, che con un protocollo di intesa ha dato il via alle coop di presentare proposte di rimodulazione dei servizi sospesi, col conseguente obbligo per i comuni di pagare integralmente in caso di accettazione o di pagarne la metà in caso di rigetto. Senza storia i servizi educativi per l'infanzia affidati in appalto o concessione, che devono essere pagati dal comune senza rimodulazione alcuna. Così per i servizi (non) gestiti nel mese di marzo, che devono essere integralmente fatturati dalle coop e pagati dai comuni e dalle Asl.

La conversione
Aggiunto in sede di conversione, l'articolo 4-ter del «Cura Italia» recupera l'articolo 9 del Dl 14/2020 e contiene disposizioni in larga parte analoghe a quelle dell'articolo 48, in quanto dà facoltà ai Comuni, durante la sospensione del servizio scolastico, di fornire l'assistenza agli alunni disabili mediante erogazione di prestazioni individuali domiciliari, finalizzate al sostegno nella fruizione delle attività didattiche, impiegando i medesimi operatori e i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative sinora previste.
Gli articoli 48 e e 4-ter disciplinano due materie e riguardano due contesti completamente diversi. Il primo tratta di prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o rese negli stessi luoghi, mentre il secondo parla specificamente delle «prestazioni individuali domiciliari, finalizzate al sostegno nella fruizione delle attività didattiche a distanza». E così, il primo chiama in causa le amministrazioni pubbliche, il secondo si riferisce esplicitamente agli enti locali.

Qui pro quo
L'impressione è che si sia prodotta una gran confusione senza ragione. È evidente che il contesto regolato da entrambi gli articoli è lo stesso, ossia il periodo di sospensione dei servizi educativi e scolastici disposta a seguito dell'emergenza; così anche i soggetti da coinvolgere nella rimodulazione dei servizi, cioè il personale dipendente dei gestori in appalto o convenzione. Ma mentre l'articolo 48 tratta dei ragazzi disabili assistiti nei servizi sociosanitari o assistenziali, l'articolo 4-ter li considera esclusivamente nel contesto scolastico, al cui interno ci sono da un lato l'impegno della scuola a garantire la didattiva a distanza, dall'altro quello correlato dei comuni all'assistenza con i propri operatori. Questa impostazione consente peraltro di "tradurre" in precetto dotato di senso la possibilità, prevista dal primo comma dell'articolo 48, di fornire le prestazioni "negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi", che è possibile applicare per i servizi sociosanitari e socioassistenziali non certo per quelli scolastici, visto che sono ancora chiusi.
E assume anche senso il comma 2 dell'articolo 4-ter, che impegna le regioni ad istituire in via immediata "unità speciali" idonee a garantire l'erogazione di prestazioni a domicilio dei ragazzi disabili con condizioni di fragilità tali da metterli a rischio qualora frequentino centri diurni, quelli stessi mantenuti in attività ai sensi dell'articolo 48.

Niente obbligo
L'unica conclusione possibile è dunque che i servizi di assistenza agli alunni disabili escono (anzi, non vi sono mai entrati) dall'orbita di applicazione dell'articolo 48 e vengono attratti in quella dell'articolo 4-ter, per cui i comuni mangentono un'ampia facoltà nel fornire le sole prestazioni che siano finalizzate a sostenere la didattica a distanza, laddove attivata e nelle forme concordate con le singole scuole. Ed è solo in questo contesto che sarà possibile dare corso al pagamento, per cui le spese allocate in bilancio potranno essere erogate solo per liquidare le fatture relative alle spese per gli operatori e il tempo impiegati, non certo per pagare il servizio non svolto. D'altro canto, si tratta pur sempre di risorse proprie dei bilanci comunali, alle quali le regioni raramente contribuiscono e per questo non se ne comprende il protagonismo.

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