Amministratori

Vanno ridimensionati i costi che ostacolano l'attuazione del Freedom of information act

di Paolo Canaparo

La disciplina dei costi del Foia è stata questione rilevante sin dall'adozione del Dlgs n. 97/2016, non volendosi in alcun modo ostacolarne il concreto esercizio.
La natura di diritto fondamentale, infatti, è alla base della disposizione che prevede che i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico sono conoscibili da chiunque e fruibili gratuitamente, fatto salvo, in ogni caso, il «rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall'amministrazione per la riproduzione su supporti materiali» (articolo 5, comma 4, del decreto Trasparenza).
La circolare 1/2019 della Funzione pubblica lo ribadisce, ricordando che «l'importo del rimborso non può comprendere il costo per il lavoro del personale impiegato nel dare seguito alle attività inerenti all'evasione delle richieste di accesso». Oltre ai costi di riproduzione su carta o altri supporti, la Funzione pubblica chiarisce che «l'applicazione della disciplina generale in tema di accesso civico generalizzato non esclude che ai costi addebitabili al richiedente possano cumularsi – come avviene per l'accesso procedimentale alla documentazione urbanistica e/o edilizia – gli oneri in materia di bollo e i diritti di ricerca e visura» (§4).

Gli strumenti tecnologici a supporto di cittadini e Pa
Per rendere concretamente esercitabile l'accesso civico generalizzato la circolare prevede poi la semplificazione degli oneri connessi, gravanti sui cittadini che presentano le richieste sia di quelli in capo alle amministrazioni che le ricevono.
Tale esigenza di semplificazione può trovare risposta nella valorizzazione degli strumenti tecnologici, perché «agevolare i cittadini nella proposizione delle richieste di accesso civico generalizzato è essenziale per abbattere le barriere psicologiche e burocratiche che ne ostacolano un pieno utilizzo» (§ 8.1): fintanto che permarranno tali ostacoli non si potrà realizzare in maniera piena quella partecipazione alle decisioni pubbliche che è uno dei fini specifici dell'accesso civico generalizzato.
In tale direzione il Dipartimento della funzione pubblica mette a disposizione una procedura guidata per agevolare l'individuazione sia della tipologia corretta della richiesta di accesso da presentare sia dell'amministrazione alla quale presentarla; auspica, altresì, la predisposizione da parte delle amministrazioni di un modulo standard che: contenga i campi previsti dall'allegato 1 della circolare Foia n. 2/2017: dati anagrafici, residenza, informazioni di contatto e recapiti del richiedente, oggetto della richiesta, modalità di risposta e trasmissione dei dati o documenti, finalità della richiesta (fermo restando che il richiedente non è tenuto a indicare i motivi della domanda, ma elementi che permettano di indicare l'ambito cui si riferiscono i dati o i documenti richiesti, per agevolare l'amministrazione nella lavorazione della richiesta).

Il dialogo endoprocedimentale
Le amministrazioni sono invitate a trovare soluzioni che velocizzino gli adempimenti e che riducano gli oneri propedeutici alla trattazione della richiesta nel merito. Sarà fondamentale il ruolo del responsabile per la transizione digitale, che è tenuto a promuovere l'utilizzo dei sistemi di protocollo informatico e gestione documentale per evadere le richieste di accesso civico generalizzato e per la realizzazione dei registri degli accessi presentati dai cittadini.
Rimane ferma la necessità del dialogo endoprocedimentale con i richiedenti che impone che qualora la trattazione dell'istanza di accesso civico generalizzato sia suscettibile di arrecare un pregiudizio serio e immediato al buon funzionamento della pubblica amministrazione, quest'ultima «prima di decidere sulla domanda, dovrebbe contattare il richiedente e assisterlo nel tentativo di ridefinire l'oggetto della richiesta entro limiti compatibili con i principi di buon andamento e di proporzionalità».
Da questo punto di vista assume rilevanza il punto 4.2. della delibera Anac del 28 dicembre 2016 n. 1309. Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza , tale norma agendi deve essere intesa, alla luce dei generali principi di proporzionalità e ragionevolezza, come un invito a cercare una soluzione consensuale, per esempio mediante la sollecitazione del richiedente a rimodulare la propria istanza in modo da ridurne l'ambito, così da salvaguardare sia l'interesse pubblico al buon andamento della Pa sia l'interesse, anch'esso di rilievo pubblicistico, di garantire l'accesso generalizzato ai dati in possesso della amministrazione (Tar Lazio, sentenza 5 maggio 2018 n. 4977). A un livello più generale, detto comportamento deve ritenersi in linea con il percorso e le finalità dell'accesso civico: il principio del dialogo cooperativo con i richiedenti deve ritenersi un valore immanente alle previsioni della legge istitutiva dell'accesso generalizzato e della finalità di condividere con la collettività il patrimonio di informazioni in possesso della Pa. (Tar Toscana, sentenza 28 gennaio 2019 n. 133; Tar Puglia, sentenza 19 febbraio 2018 n. 234).

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