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Rapporto Anac, il settore più a rischio si conferma quello legato ai lavori pubblici

di Manuela Sodini

Il rapporto di Anac sulla corruzione in Italianel triennio 2016-2019 fornisce il quadro della corruzione a livello nazionale e regionale, definendone i settori, i soggetti coinvolti e le contropartite (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa di venerdì). Il rapporto si basa sui casi di corruzione scoperti nel periodo fra agosto 2016 e agosto 2019 a cui hanno fatto seguito 152 provvedimenti della magistratura, in 117 casi è stato disposto l'arresto. Il numero modesto dei casi scoperti rispetto al totale denota la necessità di agire in una logica di sistema che prescinda dall'aspetto patologico, ricorrendo ad un'azione combinata di strumenti preventivi e repressivi.

Rispetto ai 152 casi di corruzione, a livello geografico, guidano la classifica la Sicilia, il Lazio, la Campania, la Puglia e la Calabria.
Il primato degli enti maggiormente a rischio spetta ai municipi, dei 152 casi censiti, il 41%, quindi 63 casi sono stati rinvenuti nei Comuni, seguiti dalle società partecipate che rappresentano il 16% dei casi scoperti, le aziende sanitarie si posizionano al terzo posto con 16 casi. Il restante 32% dei casi scoperti vede coinvolte le amministrazioni della giustizia, Regioni, Università, Province eccetera.

Nel triennio esaminato sono stati indagati per corruzione 207 pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio di cui 46 dirigenti a cui si aggiungono 46 tra funzionari e dipendenti ed 11 responsabili unici del procedimento. La politica, se paragonata alla stagione di Tangentopoli, svolge un ruolo ancillare, benchè il 23% degli indagati siano politici. Rispetto a quest'ultimo dato 43 sono i politici arrestati, il primato spetta ai sindaci con 20 arresti a cui si sommano 6 vice-sindaci, seguono assessori e consiglieri. Questo ad ulteriore conferma che i comuni sono gli enti a maggiore rischio corruzione.

Come immaginabile, il 74% dei casi di corruzione scoperti si riferiscono all'assegnazione degli appalti pubblici, il restante 26% riguardano le procedure concorsuali, le concessioni edilizie eccetera.

Nello specifico, sull'assegnazione di appalti pubblici il settore maggiormente a rischio è quello dei lavori pubblici, dove per lavori pubblici si intendono anche gli interventi di manutenzione riqualificazione e, quindi, edifici, strade, messa in sicurezza del territorio; seguono il settore rifiuti inteso come raccolta, trasporto, gestione e conferimento in discarica e quello sanitario, dunque, forniture di farmaci, apparecchiature e strumenti medicali e servizi di pulizia.

Come evidenziato da Anac, su 113 casi di assegnazione di appalti solo il 18% riguarda affidamenti diretti, segno che la criminalità agisce con una certa raffinatezza evitando gli affidamenti diretti che possono destare maggiore sospetto.

A fronte di una generalizzata ritirata del contante, a conferma anche di una gestione più sofisticata della criminalità, il posto di lavoro e l'assegnazione di consulenze stanno diventando sempre di più la contropartita. A questo si aggiungono ricompense singolari che spaziano dalle ristrutturazioni edilizie, ai servizi di pulizia, al giardinaggio, la tinteggiatura e talvolta anche prestazioni sessuali. Contropartite, spesso anche di modesto controvalore, che denotano la leggerezza con cui viene svenduto il ruolo pubblico ricoperto.

In un quadro non certo roseo, la relazione di Anac evidenzia anche come un cambiamento, specialmente culturale, sia in atto; infatti, il Paese viene percepito come meno corrotto rispetto al passato, dal 2012 l'Italia ha guadagnato nelle classifiche di settore 19 posizioni.
Hanno certamente contribuito in questa direzione strumenti come la trasparenza e più di recente whistleblowing, solo nei primi nove mesi del 2019 Anac ha ricevuto 700 segnalazioni, un dato che indica una crescente propensione alla denuncia di reati e di irregolarità.

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