Appalti

Licenziabile il responsabile unico del procedimento che non esegue i compiti affidati

di Vincenzo Giannotti

L'inerzia protratta del responsabile unico del procedimento nell'eseguire le consegne ricevute, nonostante i reiterati inviti a svolgere le attività, può costituire giustificato motivo soggettivo di licenziamento traducendosi in un consapevole inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro con la Pa e dei doveri che ne derivano. La sanzione può essere considerata proporzionale secondo le regole del contratto collettivo degli enti locali. Sono queste le conclusioni confermate dalla Corte di cassazione (sentenza n. 12160/2019).

La vicenda
Una giunta comunale aveva affidato l'incarico di responsabile unico del procedimento a un architetto dipendente dell'ente, ma a seguito della sua inerzia protratta e nonostante i diversi solleciti ricevuti, il segretario comunale, in qualità di responsabile del procedimento disciplinare, previa formale contestazione, ha irrogato la sanzione del licenziamento con preavviso. Il Rup, nel ricorso innanzi al giudice del lavoro, oltre a evidenziare il mancato rispetto dei termini del procedimento disciplinare, ha difeso la propria posizione evidenziando, tra l'altro, l'incompetenza della giunta comunale alla sua nomina che spetta invece al dirigente, e che inoltre, la sua nomina era stata deliberata quando il progetto esecutivo era stato già approvato e, dunque, in violazione del principio di unicità del responsabile del procedimento.
Il ricorrente ha, infine, evidenziato specifiche problematiche riguardo tra l'altro all'ufficio in dotazione e alle modalità di consegna della corrispondenza, ovvero in riferimento alla mancata disponibilità di strumenti idonei per operare proficuamente nel senso richiesto nell'interesse dell'amministrazione. Rispetto al giudice di primo grado, che ne aveva accolto la domanda di reintegrazione per violazione del termine del procedimento disciplinare avvenuto oltre i venti giorni dalla conoscenza della inerzia del dipendente, la Corte d'appello ha riformato la sentenza, giudicando, invece legittima e proporzionale la sanzione del licenziamento. La causa è stata, quindi, portata dal ricorrente davanti alla Corte di cassazione evidenziando gli errori in cui è incorsa la corte territoriale.

La conferma della Cassazione
In via preliminare, la Cassazione non ha accolto le eccezioni sollevate dal ricorrente sul ritardo della contestazione disciplinare, la quale è correttamente avvenuta nei termini facendo decorrere i medesimi dalla comunicazione ufficiale pervenuta al responsabile del procedimento disciplinare e non dalla data di conoscenza del dirigente responsabile.
Nel merito la Corte d'appello ha correttamente valutato il fatto costituito dalla validità dell'incarico di Rup, ritenendo irrilevante ogni relativa questione di legittimità dell'organo competente posto che il Rup aveva accettato lo stesso con specifica nota, vincolandosi così all'espletamento delle attività richieste. Inoltre, la deliberazione della giunta comunale di nomina riguardava sia la fase preliminare che quella definitiva ed esecutiva, per cui l'approvazione del progetto definitivo non aveva esaurito l'incarico stesso permanendo così per il Rup la responsabilità di coordinare risorse interne ed esterne per la realizzazione del progetto esecutivo. Avuto riguardo alla sanzione disciplinare erogata, secondo i giudici di Piazza Cavour, la stessa è stata correttamente giudicata dai giudici di appello proporzionale avendo tenuto conto della condotta inadempiente e della stessa posizione difensiva assunta dal Rup che nelle risposte fornite, alle varie sollecitazioni del sindaco e del dirigente del settore, si è sempre concentrato sulle proprie problematiche personali (ufficio in dotazione, modalità di consegna della corrispondenza) piuttosto che fornire adeguate e credibili giustificazioni. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna alle spese di giudizio a seguito della soccombenza.

La sentenza della Corte di cassazione n. 12160/2019

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